CARLO ROVELLI – LA SEDIA È REALE?
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Prendiamo un oggetto, la sedia che vedo davanti a me. È reale e di fatto sta davanti a me: non c’è dubbio. Ma cosa significa esattamente che quell’insieme sia un oggetto, un’entità, una sedia, reale?
La nozione di sedia è definita dalla sua funzione: un mobile costruito perché ci si possa sedere. Presuppone l’umanità che ci siede. Non riguarda la sedia in sé: riguarda il modo in cui la concepiamo. Questo non intacca il fatto che la sedia esista lì, come oggetto, con le sue ovvie caratteristiche, colore, durezza, eccetera.
Anche queste caratteristiche, d’altra parte, sono relative a noi. Il colore nasce dall’incontro tra le frequenze della luce riflessa dalla superficie della sedia con particolari recettori della retina. La maggior parte delle altre specie animali non vede i colori come noi. Le frequenze stesse emesse dalla sedia nascono dall’interazione fra la dinamica dei suoi atomi e la luce che la illumina.
La sedia, comunque, è un oggetto indipendente dal suo colore. Se la muovo, si muove tutta insieme… In effetti, neppure questo è proprio vero: la sedia è fatta di un sedile appoggiato a un telaio, che si solleva se lo prendo in mano. È un’unione di pezzi. Cosa fa sì che questa unione costituisca un oggetto, un’unità? Non molto più che il ruolo che quest’insieme ha per noi…
Se andiamo a cercare la sedia in sé, indipendentemente dalle sue relazioni con l’esterno, e in particolare con noi, non la troviamo.
Non c’è nulla di misterioso in questo: il mondo non è diviso in entità a sé stanti. Siamo noi che lo separiamo in oggetti per nostra convenienza.
[Carlo Rovelli, Helgoland, Parte Terza, V, 2020]