FILOSOFIA E MONDANITÀ: CHI SONO I NOUVEAUX PHILOSOPHES?
Accusati di semplicismo, attaccati per la loro visibilità mediatica, criticati per il loro sostanziale bisogno di piacere, piacere al pubblico, al popolo, al potere: così i nouveaux philosophes, tra critiche ed elogi, occupano un posto di primo piano nell’attuale panorama della filosofia contemporanea francese. Tramontato lo strutturalismo e – prima ancora – l’esistenzialismo, la riflessione filosofica, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, ha assunto un nuovo volto: quello della nouvelle philosophie, o meglio, dei nouveaux philosophes. E precisare, in questo caso, è d’obbligo, è necessario alla comprensione stessa di questo contrastato fenomeno intellettuale di fine Novecento: più che di una corrente filosofica unitaria – una presunta nouvelle philosophie, appunto –, si tratta invece di un insieme di intellettuali (Bernard-Henri Lévy ed André Glucksmann in primis), il cui statuto di philosophe precede ogni forma di philosophie, ogni contenuto propriamente filosofico. In altre parole, i nouveaux philosophes si definiscono prima di tutto in quanto intellettuali, in quanto personaggi mediatici, i quali intervengono, si esprimono, scrivono, assumono una certa attitudine nei confronti dell’attualità e della realtà: l’autore, insomma, conta più dell’opera. E questo perché l’autore non può essere ridotto alla sua opera, il filosofo non può essere limitato e circoscritto alla sua filosofia, e il nouveau philosophe, dunque, non coinciderà mai pienamente con la nouvelle philosophie.
Forti dell’idea sartriana di engagement, i nouveaux philosophes sono anzitutto intellettuali impegnati, impegnati sul fronte della politica interna, delle relazioni internazionali, dei dibattiti sociali, culturali, politici che impregnano l’attualità e la quotidianità. Ma del tradizionale engagement intellettuale, i nouveaux philosophes sottolineano – o addirittura esasperano – un aspetto: quello mediatico e mondano. Ciò include diversi fattori, che vanno dalla dimensione strettamente estetica – la quale richiede che ogni filosofo abbia un’identità visiva ben riconoscibile, un tratto distintivo che permetta di identificarlo (la camicia bianca nel caso di BHL, per intenderci) – alla frequentazione di certi luoghi e ambienti, quali la rive gauche parigina e i caffè del quartiere Saint-Germain-des-Prés. Il filosofo – il “nuovo filosofo” appunto – pretende, dunque, di incarnare un rinnovamento nei metodi e nelle maniere di filosofare, nella concezione stessa della filosofia, una filosofia ora più legata al giornalismo e ai mass media che alla ricerca strettamente universitaria, più discussa in un caffè o in una cena mondana che in un’aula accademica. E sono forse questi alcuni dei fattori che hanno attirato ai nouveaux philosophes critiche ed accuse, tra cui emerge, categorica, quella di Gilles Deleuze, il quale afferma che il pensiero di questi nuovi intellettuali è essenzialmente vuoto, inconsistente, appiattito su opposizioni binarie e “dualismi sommari”, che tentano di nascondere la debolezza del pensiero dietro a una retorica a tratti lirica e ad effetto. Lo stile certamente conta per i nouveaux philosophes, la forma spesso primeggia sul contenuto, l’ego dell’autore è quasi sempre ostentato, mostrato, esibito in occasione di interviste televisive e radiofoniche, conferenze stampa, incontri politici, diplomatici, e ogni altra sorta di evento in cui si incontrano, carezzandosi, filosofia e mondanità.
Eppure, questa immagine dei nouveaux philosophes è tanto veritiera quanto semplificatrice, poiché fa di questi intellettuali degli animali mediatici incapaci di profondità, e tralascia, pertanto, l’importanza che essi hanno avuto – e in parte hanno tuttora – nella divulgazione filosofica, nella diffusione di dibattiti filosofici e culturali in seno a un pubblico curioso sì, ma lontano dalle aule universitarie, e dunque desideroso di avere accesso a una riflessione filosofica più comprensibile del contorto ed intricato linguaggio strutturalista. Come sottolinea Jean-Louis Fabiani in un articolo dedicato proprio alla nouvelle philosophie (« Philosophie : nouvelle politique de l’offre et transformations de la demande », in Revue de la BNF, 2017), quest’ultima è un prodotto del contesto storico in cui essa si inserisce, è la risposta (l’offerta, offre) a una certa richiesta (la domanda, demande) proveniente da un pubblico mediamente istruito, ma non necessariamente di formazione filosofica.
Quelli dei nouveaux philosophes sono anni immediatamente successivi al nouveau roman in letteratura, alla nouvelle vague in cinematografia, sono gli anni della Francia giscardiana, desiderosa di modernità e riforme, desiderosa di informarsi, interpretare, prendere posizioni sull’attualità politica, internazionale, sociale: è così che la nouvelle philosophie sembra riflettere la propria epoca, un’epoca con ambizioni ed esigenze cui la riflessione filosofica ha tentato – coi propri mezzi – di trovare una risposta. E in fondo, il legame tra filosofia e mondanità, lungi dall’essere un evento traumatico in cui la seconda altera e corrompe la prima, non è altro che l’affermazione del carattere intrinsecamente storico della filosofia, del suo essenziale ancoraggio nella realtà immanente, concreta, contingente del divenire storico.
@ILLUS. by PATRICIA MCBEAL feat. AGUABARBA, 2021