MA IN CHE MONDO VIVI? TELEVOTO IRREALE

Estratto da Giacomo Pezzano, 4 minuti. Filosofia per i tempi che corrono, Mimesis, Milano-Udine 2022.
Almeno una volta nella vita, ti avranno detto o avrai detto a qualcuno: “ora comincia a essere realista”[1]. Ma realmente si può essere irrealisti? Chi mai potrebbe sognarsi che la realtà non c’è? Sembra una follia! Anzi, senza esitazioni: è una follia, però sorpresa: la follia esiste e più d’uno vive in un mondo tutto suo! Quindi perché la mancanza di senso di realtà dovrebbe fare eccezione? Ci sono almeno sei aspiranti irrealisti: ritengono, ciascuno folle a modo proprio, che tutto sommato qualcosa come la realtà non esista. Diamo il benvenuto a: l’informatico folle; il biologo folle; il fisico folle; l’antropologo folle; lo psicologo folle; il filosofo folle.
Chi tra loro saprà meritarsi la palma di Migliore Irrealista? Sarà un televoto a decidere della realtà: sotto dunque con i loro messaggi per il pubblico!
Informatico folle (codice 01)[2]. Hai fatto caso a quanto sembra vero un videogioco ad altissima risoluzione? Il tuo personaggio è lì che attraversa una radura e d’incanto appare una porzione di orizzonte che prima non c’era: è grazie al processo di computazione che la crea sul momento. Altro che movimento tridimensionale in una radura: sono soltanto bit su bit. Siamo meravigliosi cervelli in una vasca con elettrodi impiantati per farci fare esperienza della “realtà”: hai visto Neuralink di Musk? Vieni a programmare con me!
Biologo folle (codice 02)[3]. Ti basta un animale domestico, il tuo amato cane: tu vedi un mondo ricco di colori; lui vede soltanto blu, giallo e bianco. Un pipistrello al buio si muove con sicurezza; tu non fai altro che andare a sbattere. Smetti di farti sedurre dall’idea di una realtà “là fuori” ad attenderti: il mondo umano è un prodotto evolutivo tra i tanti, che ti permette di sopravvivere e riprodurti, ma non per questo è “reale”. È la vita, bellezza: abbiamo gli occhi, perciò non possiamo vedere. Ogni vivente ha le proprie lenti, penserai mica di essere così speciale? È tutta una questione di fitness: tiratela di meno e combatti per la sopravvivenza con me!
Fisico folle (codice 03)[4]. Entra pure a farti un giro nelle mie teorie e nei miei laboratori: le prime straripano di modelli raffinati e le seconde pullulano di strumenti sofisticati, ti piacerebbero! Grazie a essi, passo il tempo a costruire esperimenti incredibili, che mi fanno ritrovare a esplorare un mondo così diverso da quello della tua vita quotidiana, fatta di esperienze noiose e ripetitive, dove tutto sembra così stabile e rassicurante. Ma è ora di aprire gli occhi: non esistono dati senza teorie e macchinari. La realtà è un centro di ricerca e sviluppo: conoscere è intervenire. Che aspetti, intervieni con me!
Antropologo folle (codice 04)[5]. Nginyiwarrarringu: per i pintupi, abitanti dei deserti dell’Australia occidentale, è uno dei quindici diversi tipi di paura. Cultura, immaginario, linguaggio, …: la tua vita sociale plasma la tua realtà Nemmeno la scienza si salva dal Truman Show, perché è fatta di persone dalle scelte condizionate: altro che realtà e normalità; è tutto un affare tra maschi bianchi occidentali. Che ci sia una realtà è la nostra narrazione preferita: esci dalla caverna con me per raccontare in giro storie migliori! O temi “quell’improvviso spasmo d’allarme che ti fa sbalzare in piedi e guardare attorno, cercando di capire cosa l’ha provocato”?
Psicologo folle (codice 05)[6]. È la tua mente a dar forma al tuo mondo: contano l’atteggiamento e lo schema mentale che adotti. Cerca dentro, non fuori. È tutta una rappresentazione, togliti quel velo di Maya dagli occhi: la realtà è un’invenzione di inventori inconsapevoli del proprio inventare, che considerano la realtà come qualcosa che esiste indipendentemente da sé. Aiutami a fare profezie che si autoavverano!
Filosofo folle (codice 06)[7]. Che forza il nostro spirito! La realtà “oggettiva” è mediata dalla nostra soggettività, dai nostri filtri concettuali: non stare dietro a chi ti dice che ci sono cose “in sé”. Vero, parlare di spirito oggi fa un po’ new–age, ma tu pensa alla potenza del linguaggio: hai voglia a parlare della realtà senza linguaggio, ti sfido a uscire dalle parole! Ok, forse dicendo “cane” non crei materialmente il cane dal nulla, ma quantomeno ne crei una rappresentazione senza la quale non puoi né pensare né conoscere cani: dunque non ci sarebbero cani in senso stretto, ma solo materia amorfa. La realtà non è un live streaming: è una trasmissione registrata con vari interventi di regia e montaggio. Vieni in studio a interpretare con me!
Chi vincerà? Il televoto comincia ufficialmente… ora!
[1] Questo capitolo e i capitoli dal 36 al 44 estrapolano aspetti discussi in modo più articolato nella prima parte di G. Pezzano, Essere dato, cit.
[2] È il terreno di coltura delle ontologie digitali, come: E. Fredkin, An Introduction to Digital Philosophy, in “International Journal of Theoretical Physics”, 42, n. 2, 2003, pp. 189-247; S. Lloyd, Il programma dell’universo (2006), Einaudi, Torino 2006; J.A. Wheeler, Information, Physics, Quantum: The Search for Links, in W.H. Zureck (ed.), Complexity, Entropy, and the Physics of Information, Addison Wesley, Redwood City 1990, pp. 3-28; S. Wolfram, op. cit.
[3] Qui un esempio radicale è D. Hoffman, L’illusione della realtà. Come l’evoluzione ci inganna sul mondo che vediamo (2019), Bollati Boringhieri, Torino 2020, ma si può pensare al “neurocostruttivismo” piuttosto diffuso, tanto da affiorare in un manuale di spicco come E.R. Kandel, J.H. Schwarz, T.M. Jessell, Principles of Neural Science, McGraw-Hill, New York 2000 (p.e. p. 412). Si possono altresì ricordare “biokantiani” o “bionietzschiani” come K. Lorenz, La dottrina kantiana dell’a priori e la biologia con- temporanea, in Id., Natura e destino (1978), Mondadori, Milano 1985, pp. 83-112 e J. Von Uexküll, Biologia teoretica (1928), Quodlibet, Macerata 2015.
[4] Un esponente rigoroso è I. Hacking, Conoscere e sperimentare (1983), Laterza, Roma-Bari 1987, ma il tema è ben discusso p.e. anche da D. Ihde, Instrumental Realism: The Interface between Philosophy of Science and Philosophy of Technology, Indiana University Press, Indianapolis 1991. Sul prospettivismo scientifico, R.N. Giere, Scientific Perspectivism, University of Chicago Press, Chicago 2006. Per la variante più contemporanea, legata al tema dei dati, si veda la discussione di A. Bokulich, W. Parker, Data Models, Representation, and Adequacy-for-Purposes, in “European Journal for Philosophy of Science”, n. 11/31, 2021.
[5] L’esempio forse più controverso è B. Latour, Ramses II est-il mort de la tuberculose?, in “La Recherche”, n. 307, marzo 1998, pp. 84-85. Lo stesso autore ha sviluppato da ultimo i presupposti della sua opera (espressi nel modo forse più chiaro in Il culto moderno dei fatticci (1996), Meltemi, Milano 2017) nel fondamentale Enquêtes sur les modes d’existence. Une anthropologie des Modernes, La Découverte, Paris 2012.
[6] Un riferimento coerente è P. Watzlawick, La realtà della realtà. Comunicazione, disinformazione, confusione (1976), Astrolabio, Roma 1978. In termini filosofici, il tema del velo di Maya è stato portato ai suoi estremi da A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione (1819), Bompiani, Milano 2006.
[7] Il rappresentante forse più estremo è J. Foster, A World for Us: The Case for Phenomenalistic Idealism, Oxford University Press, Oxford 2008. Ma tra gli idealisti contemporanei si può ricordare anche T. Hofweber: si vedano perlomeno Conceptual Idealism without Ontological Idealism: Why Idealism is True after all, in T. Goldschmidt, K. Pearce (eds.), Idealism: New Essays in Metaphysics, Oxford University Press, Oxford 2018, pp. 124-141 e Idealism and the Harmony of Thought and Reality, in “Mind”, CXXVIII, n. 511, 2019, pp. 699-734. Sul passaggio dall’idealismo classico al testualismo contemporaneo si vedano di R. Rorty, Nineteenth-Century Idealism and Twentieth-Century Textualism, in “The Monist”, 64, n. 2, 1981, pp. 155-174 e Charles Taylor on Truth, in Id., Philosophical Papers. III. Truth and Progress, Cambridge University Press, Cambridge 1998, pp. 84-97. Una storia dell’anti-realismo filosofico la offre L. Braver, A Thing of This World: A History of Continental Anti-Realism, Northwestern University Press, Evanston 2007, mentre una critica serrata è quella di D. Stove, Idealism: a Victorian Horror Story (Part Two), in Id., The Plato Cult and Other Philosophical Follies, Blackwell, Oxford 1991, pp. 135-178., sintetizzata da J. Franklin, Stove’s “Discovery of the Worst Argument in the World”, in “Philosophy”, n. 77, 2002, pp. 615-662.
Giacomo Pezzano, Academia.edu
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@ILLUS. by PATRICIA MCBEAL, 2022
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