ABBOZZO FRAMMENTARIO DI UNA FENOMENOLOGIA DELL’ESISTENZA RADICALE (PARTE I)
La vita è qui e adesso. Ma non si tratta solo della vita, perché la mia convinzione riguarda in verità tutto ciò che esiste, l’essere nella sua totalità. L’essere è qui e adesso. Hic et nunc, direbbero i latini. Tale affermazione potrebbe anche suonare come un semplice filosofema, uno dei tanti filosofemi che si sentono nei corsi di filosofia. Sappiate fin da subito che non è così. La mia affermazione, lungi dall’essere un’asserzione astratta e generica, una forma oziosa e inconsistente di flatus vocis, ha in realtà un impatto radicale sulla vita di tutti i giorni, perché modifica, in modo profondo e irreversibile, il modo di rapportarsi con il mondo e con gli altri.
Vi faccio un esempio. Parliamo di Dio. Dio non si presenta mai qui e adesso. Nel mondo, tantissima gente crede nell’esistenza di Dio. Eppure, se qualcuno dicesse di aver visto Dio, di averlo toccato o di averci addirittura parlato, sarebbe di certo preso per pazzo. Trovo la cosa estremamente paradossale. Come si può credere nell’esistenza di qualcosa che non si presenta mai all’uomo in un certo luogo (il “qui”) ed in certo tempo (l’ “adesso”), nell’esistenza di qualcosa che, in altri termini, non ci si manifesta mai come semplice presenza? La risposta a questa domanda, nella prospettiva qui proposta, è molto facile: non si può. Dio non ci mostra mai il suo volto qui e adesso. Ergo, Dio non esiste, non fa parte dell’essere: Dio non è. L’essere è sempre l’essere qui e adesso, l’essere è sempre l’essere nella sua semplice presenza, l’essere nel suo presentarsi semplicemente qui e adesso.
Altro esempio: l’anima. Quando interagisco con un altro essere umano vedo degli occhi che mi guardano, una bocca che mi parla, un corpo che si muove in certo qual modo: è tutto ciò che vedo e percepisco dell’altro, il quale mi si presenta, e non può non presentarsi altrimenti, nella sua semplice presenza, nel suo essere qui e adesso di fronte a me. L’anima non rientra affatto nella semplice presenza, nell’essere qui e adesso, di una bocca che parla, di un paio di occhi che guardano o di un corpo che si muove in un certo modo. Di conseguenza, nemmeno l’anima fa parte dell’essere. L’anima non esiste, l’anima non è.
Ma posso proporvi un esempio ancora più forte, ancora più radicale. Parliamo delle idee e dei valori: neanche le idee e i valori hanno una loro esistenza. Le grandi rivoluzioni, come la rivoluzione francese, non sono il prodotto né di idee né di valori, ma di uomini che, di fronte al loro “qui” e al loro “adesso”, di fronte alla semplice presenza delle condizioni esistenziali in cui si sono trovati gettati, hanno agito in un modo anziché in un altro. Nessuna idea e nessun valore hanno mosso questi uomini. L’essere è sempre l’essere qui e adesso, l’essere è sempre l’essere nella sua semplice presenza. Nessuna idea, nessun valore, si presenta a noi qui e adesso, nella sua semplice presenza. Di conseguenza, le idee e i valori non fanno parte dell’essere. Le idee e i valori non esistono, le idee e i valori non sono. Chi sostiene di essere mosso o ispirato nella sua azione da una certa idea o da un certo valore, in realtà, parla del nulla, di ciò che non è.
Il problema dell’essere, come aveva ben capito Heidegger, è il problema filosofico, il problema metafisico, per eccellenza. Purtroppo, la metafisica occidentale ha sempre pensato l’essere in modo errato. La filosofia occidentale è fondamentalmente una filosofia del sospetto, un sospetto che, in certi casi, ha raggiunto livelli stratosferici di paranoia. Solo la fenomenologia husserliana, nel suo volere “andare alle cose stesse”, ha intuito che l’essere non può che essere l’essere qui e adesso, nella sua semplice presenza. Peccato sia andata poi a infrangersi miseramente sugli scogli della riduzione eidetica e dell’intersoggettività. La filosofia occidentale, dicevamo, è fondamentalmente filosofia del sospetto. Per quale motivo? Semplicemente perché ha sempre ritenuto l’essere qui e adesso, l’essere nella sua semplice presenza, come qualcosa di apparente, di fittizio, che ha sempre nascosto il “vero” essere, che lo ha sempre mantenuto nel suo stato di nascondimento, uno stato di nascondimento che solo il “filosofo” è in grado di individuare e di rimuovere.
Dietro a quello che percepiamo e conosciamo qui e adesso, che è sempre falso e illusorio, c’è l’essere “vero” che sfugge ai più, ma non allo sguardo attento, sospettoso, del “filosofo”. L’atteggiamento radicalmente sospettoso della filosofia occidentale ha portato i “filosofi” a negare in modo categorico che l’essere vero fosse l’essere nella sua semplice presenza, e a sostenere, erroneamente, che il “vero” essere si nascondesse sempre dietro all’apparenza illusoria delle cose percepite e conosciute qui e adesso. Questo essere “vero” che la metafisica occidentale ha declinato nella sua storia in mille e mille modi, purtroppo, non esiste e non è mai esistito. In tutta questa faccenda, il “filosofo” non è molto diverso dal complottista che vede dietro ad ogni cosa chissà quale trama nascosta, misteriosa, che solo pochi, anzi pochissimi, appunto i “filosofi”, possono “sapientemente” e “saggiamente” scoprire e decifrare. L’essere di cui parla, per lo più e innanzitutto, la metafisica occidentale, è un essere che non esiste e non è mai esistito, un essere che non è.
L’errore capitale su cui si fonda l’intera filosofia occidentale, e che troviamo in ogni momento del suo cammino secolare, consiste nel contrapporre nettamente una visione superficiale ad una visione profonda della realtà. In tale prospettiva, gli uomini comuni, ovvero i dormienti di eraclitea memoria, hanno una visione superficiale della realtà: la realtà viene ridotta a ciò che viene percepito attraverso i sensi, qui e adesso, nella sua semplice presenza, rimanendo così legati, come gli schiavi del mito platonico, all’apparenza umbratile, illusoria, delle cose. Al contrario, i “filosofi”, in quanto uomini desti, in quanto ossessivamente animati dall’onnipresente (e onnipotente) sospetto di cui parlavamo poc’anzi, “sanno” che dietro all’apparenza sensibile delle cose, nel loro essere qui e adesso, si nasconde la “vera” realtà, una realtà accessibile solo maturando, con fatica e intelligenza, una visione profonda in cui la natura, che sempre ama nascondersi, va costretta al disvelamento facendo un uso costante e bellicoso dell’arma del logos, l’arma più potente che il “filosofo” abbia nel suo ricco e agguerrito arsenale. Questo è lo schema che la metafisica occidentale ripete continuamente, in modo ossessivo-compulsivo, nelle sue alterne vicende.
In termini kantiani, potremmo dire che la filosofia occidentale si basa, e si è sempre basata, sulla celebre distinzione tra fenomeno e noumeno. La visione superficiale ed ingenua della realtà si ferma al fenomeno, ovvero alla realtà così come appare, mentre la visione profonda sa, e lo sa con assoluta certezza, che dietro al fenomeno c’è sempre, nascosto ai più, il noumeno, ovvero la realtà in sé. Che tale realtà in sé sia accessibile o non accessibile, conoscibile o inconoscibile (anche allo stesso “filosofo”, il quale non può non presupporne l’esistenza, altrimenti ogni sua ricerca perderebbe di validità), in fondo non importa granché.
Solo riconoscendo questo errore capitale, sarà possibile prendere finalmente consapevolezza del fatto che non esiste nessun essere noumenico, e che l’unico essere è quello fenomenico, quello che appare e si manifesta nel suo essere qui e adesso, nella sua semplice presenza. Qualsiasi visione profonda della realtà mente. L’intera metafisica occidentale mente. Non c’è nessuna realtà in sé, non esiste nulla che si nasconda dietro a ciò che ci appare qui e adesso, nella sua semplice presenza, nulla che ci rivolga un epocale appello disvelante. Questa fantomatica realtà in sé, l’inafferrabile essere noumenico, è forse il prodotto di un tipo d’uomo in preda ad una spropositata, ma ben calcolata e ragionata, volontà di potenza, un tipo d’uomo che non vuole in alcun modo accettare il fatto che le cose siano così come sono, nella loro invalicabile finitezza e nella totale impossibilità di qualsiasi forma di redenzione, sia essa religiosa, morale o metafisica.
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@ILLUS. by FRANCENSTEIN , 2025





