HEGEL, SEVERINO E L’INTERPRETAZIONE DEL COGITO CARTESIANO
Il presente studio si pone come obiettivo quello di analizzare la lettura che Hegel e Severino danno del cogito cartesiano. A partire da brani tratti dall’Enciclopedia, dalla Fenomenologia, dalle Lezioni sulla storia della filosofia e da un paragrafo della Struttura originaria severiniana, si tenterà di mettere in evidenza non solo le divergenze interpretative, ma anche le conseguenze che tali divergenze hanno nell’ambito dello sviluppo del pensiero hegeliano e severiniano. Le conclusioni a cui si giungerà fungeranno da punto di partenza per un più ampio e approfondito studio sul senso del fondamento all’interno delle filosofie di Hegel e di Severino. Si inizierà anzitutto con l’analisi dell’interpretazione hegeliana, per poi passare ad esaminare la lettura severiniana.
Sia Hegel che Severino hanno dedicato alcuni passi all’interpretazione della filosofia cartesiana. Ciò che salta all’occhio è proprio l’individuazione del cogito come la sola certezza di cui è impossibile dubitare, sino al punto che «non è possibile immaginare scetticismo, per quanto estremo, che non sia costretto ad ammetterlo»[1]. Di tutto è possibile dubitare, ma non del fatto che sono io a dubitare, e che quindi c’è un pensare che dubita. Il cogito è il punto d’arrivo del lavoro cartesiano di sgretolamento delle false certezze; a partire dal cogito, Cartesio ricostruirà il mondo che sta oltre il ‘soggetto’.
Hegel si interroga però sin da subito sulla natura di questo punto di partenza indubitabile. Il cogito è un sillogismo? La presenza di quell’ergo è sufficiente per portarci a pensare che Cartesio deduca l’essere dal pensiero? La risposta, come intuibile, è no. Non a caso, Hegel ricorda come lo stesso Cartesio abbia esplicitamente chiarito che «neque cum quis dicit: ego cogito, ergo sum sive existo, existentiam ex cogitatione per syllogismum deducit»[2] ((nemmeno quando qualcuno dice “io penso, dunque sono quindi esisto”, deduce l’esistenza dal pensiero per mezzo di un sillogismo – TdA)). Manca infatti il termine medio, il medius terminus. Pensare che la posizione di Cartesio, in questo punto, possa essere considerata una forma di sillogismo significa, da un lato, non aver capito che cosa sia un sillogismo e, dall’altro, situarsi irrimediabilmente al di fuori della comprensione dell’autentica portata filosofica del cogito cartesiano.
Il sillogismo richiederebbe infatti la presenza di una mediazione logica (funzione che sarebbe appunto svolta dal medius terminus mancante) che connetta due determinazioni, altrimenti assolutamente differenti e incommensurabili. Se la pretesa di Cartesio fosse appunto quella di connettere i differenti attraverso il procedere sillogistico, egli avrebbe fallito, in quanto non vi sarebbero elementi sufficienti per poter affermare la possibilità di tale connessione. Ma, come visto, è anzitutto Cartesio ad allontanarci da questo possibile fraintendimento. Tuttavia, esclusa l’interpretazione “sillogistica”, ritorna la domanda sulla natura del cogito. Hegel scrive che questa «proposizione – su cui, per così dire, ruota tutto l’interesse del pensiero filosofico moderno – è stata espressa in modo immediato»[3]. Il termine “immediato” – con le sue implicazioni – costituirà, come vedremo, il cuore di questo lavoro. Basti per ora dire che «l’inseparabilità di me come pensante e dell’Essere»[4] si presenta come qualcosa di non-mediato, dunque immediato. Chiarendo il significato che tale espressione assume all’interno del passo, Hegel specifica che l’inseparabilità di cui sopra è un nesso che «è contenuto e dato nell’intuizione semplice della coscienza»[5].
In altre parole, Hegel sostiene che la posizione di questa coincidenza è frutto di un libero atto positivo della coscienza, che pertanto non ha potuto ‘scontrarsi’ col negativo, rimanendo appunto intuizione semplice. In riferimento allo statuto di tale intuizione, possiamo servirci anche delle Lezioni sulla storia della filosofia, in cui Hegel descrive il cogito come «principio universale [che] consiste nell’attenersi all’interiorità come tale»[6]. Ad intuire semplicemente è, infatti, l’interiorità, fondamento assoluto ed immediato.
Questo punto risulta ancor più chiaro se si tiene presente quanto Hegel scrive nella Vorrede della Fenomenologia dello Spirito: «ciò che è noto, appunto in quanto noto, non è conosciuto. Il modo più comune di ingannare sé e gli altri consiste nell’introdurre nella conoscenza qualcosa di noto e di accettarlo così com’è»[7]. Tracciando la differenza tra noto e conosciuto, Hegel sta facendo riferimento proprio allo statuto dell’intuizione semplice di cui sopra. Intuire semplicemente la connessione tra pensiero ed essere consiste nella confusione tra il semplicemente noto e il conosciuto. Ciò che è autenticamente oggetto di conoscenza non può essere accettato così com’è, senza lo scontro con la propria negazione, che costituisce l’essenza del metodo dialettico hegeliano.
È inutile, qui, soffermarsi sul valore che tale metodo assume: non si tratta – soltanto – del procedere formale della logica, ma è l’essenza stessa della realtà. Poco dopo, Hegel precisa che «un tale sapere [quello immediato/semplicemente noto] non fa un solo passo avanti»[8] o, ancora, che «senza il minimo esame, il soggetto e l’oggetto, Dio, la natura, l’intelletto, la sensibilità sono così posti a fondamento come noti e come qualcosa di valido»[9]. La confusione è, certamente, quella tra noto e conosciuto ma, ancor più in profondità, è quella tra immediato e mediato. Porre come principio l’immediatezza del pensiero, l’immediata coincidenza tra il pensare e l’essere, significa non dare alcuna solidità all’edificio del sapere e della realtà. Questo è quanto emerge dalla lettura incrociata di questi passi. L’argomento potrebbe essere ulteriormente trattato e dibattuto, ma bastino per ora queste prime conclusioni.
Sebbene sia chiara la critica mossa da Hegel a Cartesio, è opportuno mettere in evidenza come il pensatore tedesco sia altrettanto certo che il passo compiuto dal suo predecessore sia assolutamente decisivo. Scrive infatti Hegel nelle già citate Lezioni sulla storia della filosofia, a proposito di Cartesius: «qui possiamo dire d’essere a casa e, come il marinaio dopo un lungo errare, possiamo infine gridare “Terra!”»[10]. Per la prima volta, si pone come fondamento assoluto di ogni cosa il pensiero. Hegel vede, in Cartesio, un sostenitore dell’idea che sarà alla base anche del suo filosofare, ovverosia il ruolo fondativo del reale da parte del pensare. Certo è che, nonostante l’entusiasmo con cui il discorso cartesiano viene qui presentato, anche nelle Lezioni Hegel ci tiene a mettere in evidenza la differenza fondamentale che intercorre tra la propria filosofia e quella cartesiana. Scrive infatti Hegel che «non è però ancora compiuto, a partire dal pensare, lo sviluppo del concreto»[11]. Oltre all’incrollabile certezza del pensiero, vi è il percorso che lo Spirito fa per conoscere (e dunque per conoscersi). Il senso della fondazione dei “molti” oltre al “singolo” (che è il pensiero) avviene astrattamente in Cartesio. Non vi è, nella sua filosofia, il fondamentale e sostanziale ricongiungimento dei due lembi del cosiddetto “dualismo”. Spinoza tenterà, a modo suo, di portare a termine questo lavoro, ma il risultato sarà insoddisfacente, dal punto di vista di Hegel. Si rimanda l’esplicitazione di questo passaggio ad altra sede.
Prendiamo ora congedo da Hegel per introdurre il secondo autore che verrà trattato in questo lavoro, Emanuele Severino. Il pensatore bresciano dedica al discorso cartesiano il paragrafo 31 del secondo capitolo de La struttura originaria. Dopo aver dato l’assenso alla tesi, condivisa con lo stesso Hegel, secondo cui con Cartesio è posta esplicitamente e per la prima volta l’immediatezza del pensiero, Severino è però attento a precisare che «per Cartesio il termine ‘pensiero’ vale – allorché il pensiero è posto come l’immediato – come il lato semplicemente ‘soggettivo’ o ‘ideale’ del pensare»[12].
Questo implica la separazione della ‘certezza’ e della ‘verità’, in modo tale che «l’essere è presupposto come un’ulteriorità cui si tratta di accedere muovendo appunto dall’immediatezza del pensiero»[13]. È possibile notare come, anche qui, la posizione severiniana sia in linea con quella hegeliana. Per Hegel, Cartesio intuisce il ruolo cruciale che il pensiero ricopre, ma lo relega di fatto all’immediatezza, all’intuizione semplice, al semplice “esser noto” ma non “conosciuto”. Il principio non può dunque dirsi tale, fintantoché non abbracci in sé anche la propria ulteriorità, l’essere, la verità, fintantoché non esca dal solipsismo della pura soggettività immediata e ideale del pensare, dalla mera certezza. In questo senso, è possibile sovrapporre le due letture.
I punti in comune, tuttavia, finiscono qui. Come si è visto, per Hegel la verità sta nel superamento dell’immediatezza: il ‘conosciuto’ è la dimensione a cui si accede valicando le frontiere dell’isolamento del determinato – in questo caso, del pensiero immediato. La mediazione che consiste nella negazione dell’isolamento dell’immediato è il motore che conduce al conoscere, al vero. Per Hegel, immediato è il pensiero che si limita alla soggettività, mediata è l’unità dinamica di pensiero soggettivo e oggettività, che si configura pertanto come Resultat. Severino, tuttavia, ribalta i termini della questione. Anzitutto, egli introduce la propria lettura del procedimento dell’Aufhebung hegeliana, affermando che «il toglimento della presupposizione gnoseologicistica conferisce al pensiero la natura che gli è propria: unità del soggettivo e dell’oggettivo, dell’ideale e del reale; o, in termini forse meno compromessi, totalità dell’essere immediatamente presente»[14]. Chi abbia una qualche familiarità con il testo severiniano avrà di certo capito che i ‘termini meno compromessi’ sono in realtà quelli da cui traspare autenticamente la posizione di Severino sulla questione dell’immediatezza. Questa dimensione, per quanto letto sinora, sembrerebbe indicare, da un lato, l’astrazione del cogito cartesiano come lato soggettivo o ideale del pensare e, dall’altro, secondo il passo appena citato, la totalità dell’essere, ciò che – cronologicamente[15] – viene dopo il processo hegeliano di Aufhebung dialettica dell’astrazione. Sic stantibus rebus, verrebbe difficile comprendere appieno il senso di quanto Severino va dicendo. In realtà, come detto, si tratta di rovesciare i termini della questione. Prosegue il testo: «resta chiaro che l’immediato è mediazione, nel senso che l’essere presente è superamento dell’astratta immediatezza di un puro essere in sé»[16]. Ecco dunque chiarito il duplice valore dell’immediatezza. Quello che, per Hegel, è l’immediato come astratto, come isolato, come noto e non conosciuto, è – per Severino – la mediazione, laddove invece il Resultat, frutto del mediare dialettico in Hegel, è la severiniana “totalità dell’essere immediatamente presente”, dunque l’immediato. Riassumendo, l’immediato hegeliano è il mediato severiniano, il mediato hegeliano è l’immediato severiniano. La mediazione è, per Severino, l’isolamento di qualcosa dalla totalità. Pertanto, il cogito come lato meramente soggettivo e ideale del pensare non è il punto di partenza che, attraversando la propria negazione, perviene alla dimensione della totalità e dell’unità di pensiero ed essere, ma è piuttosto il risultato di una mediazione isolante, che ha scisso il pensiero dal proprio esser intrinsecamente e coessenzialmente unito alla totalità, rendendolo ciò che non è, ovvero “astratta” mediazione. Riprendiamo il passo precedente, per analizzare come prosegue: «(resta anche chiaro che l’immediato è mediazione , nel senso che l’essere presente è superamento dell’astratta immediatezza di un puro essere in sé) […]. La negazione di questa mediazione non è pertanto l’immediatezza della totalità dell’immediato, ma è l’astratta immediatezza di un essere non pensato, o di una presenza che non sia la presenza dell’essere»[17]. Resta chiaro che l’ “essere presente” è la totalità immediatamente concreta dell’essere, a cui la determinazione isolata e mediata del pensiero come lato soggettivo del pensare afferisce originariamente (e, come è chiaro, immediatamente). Il “puro essere in sé” è proprio quest’astratto mediato. Ciò che, per Hegel, consiste nel toglimento dell’isolamento attraverso la mediazione, altro non è in realtà che una falsa riconduzione della parte ad un Resultat/totalità che non è l’immediato, ma è appunto il prodotto di un processo, in quanto tale mediato, non originario, dunque astratto.
Se così stanno le cose, al netto dei punti di contatto individuati ad inizio paragrafo, le posizioni di Hegel e di Severino sono diametralmente opposte. Il ribaltamento che Severino opera sulla dialettica hegeliana è apprezzabile dalla modalità in cui egli interpreta il cogito cartesiano. Lo studio incrociato dei passi che Hegel e Severino dedicano a Cartesio sono, per così dire, la cartina di tornasole di un confronto-scontro immenso, tra due giganti del pensiero. La posta in gioco è la natura del fondamento, il configurarsi dell’inizio, in qualsiasi modo lo si voglia intendere. Quanto scritto sinora sia inteso come il primo passo di un lavoro più ampio, volto proprio all’esaustiva analisi di questo confronto, dei suoi esiti e delle implicazioni filosofiche che tali esiti comportano.
NOTE
[1] G. W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di V. Cicero, Milano, Bompiani, 2017, p. 204.
[2] Ivi, p. 203 (cit. interna di Respons. Ad II Obiect., De Methodo IV, e Ep. I, 118).
[3] Ibidem.
[4] Ivi, p. 204.
[5] Ibidem.
[6] G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, a cura di R. Bordoli, Bari-Roma, Laterza, 2009, p. 468.
[7] G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, a cura di V. Cicero, Milano, Bompiani, 2017, p. 85
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, op. cit., p. 468.
[11] Ivi, p. 469.
[12] E. Severino, La struttura originaria, Milano, Adelphi, 1981, p. 172.
[13] Ibidem.
[14] Ibidem.
[15] Sulla distinzione tra ordine logico e ordine cronologico, nell’esposizione della struttura originaria della verità, si veda – tra gli altri – il paragrafo 13 del primo capitolo de La struttura originaria, op. cit.
[16] E. Severino, La struttura originaria, op. cit., p. 172.
[17] Ibidem.
BIBLIOGRAFIA
Hegel
- W. F. Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, a cura di V. Cicero, Milano, Bompiani, 2017.
- W. F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, a cura di V. Cicero, Milano, Bompiani, 2017.
- W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, a cura di R. Bordoli, Bari-Roma, Laterza, 2009.
Severino
- Severino, La struttura originaria, Milano, Adelphi, 1981.