III – LA NASCITA DELL’ARTISTA NELLO STUDIO DELL’ARTISTA
Durante la Seconda Guerra Mondiale, a cui Francis Bacon non partecipa a causa della sua forte asma, ha inizio l’ascesa artistica del pittore che, nel giro di un decennio, acquista quella fama e notorietà per cui ancora è tra i luminari dell’arte espressionista-surrealista contemporanea.
Nel 1943 si trasferisce nell’atelier che era stato di proprietà dell’artista preraffaellita John Everett Millais, al numero 7 di Cromwell Place, vicino alla fermata della metro di South Kensington, dove rimarrà operativo per sette anni[9]
Targa esterna Atelier Cromwell Place,7.
Lo studio si presenta decisamente diverso al seminterrato precedente: ’soffitti alti e pareti spoglie, un sbiadito sofà di velluto e brandelli di moquette sporchi di vernice. Per il resto era piacevolmente disadorno’. La luce zenitale proveniente dai finestroni delle volte del soffitto e, alla sera, quella dei due grandi lampadari Waterford dava all’ambiente un’apparenza luminosa e candida, ideale per la realizzazione pittorica.
Nelle scarsissime istantanee degli interni emergono le enormi finestre e i soffitti alti.
Bacon nel suo atelier di Cromwell Place,7.
Gli arredi interni erano scarni e costituiti dai mobili realizzati dal pittore stesso, ancora sull’onda di quel gusto parigino del 1927-’29, tra cui spiccavano i canapè divisori, la zona centrale era invece occupata da cavalletti, telai, materiali di lavoro e tavole.
Tra i suoi lavori del periodo presenti nell’atelier di Millais, spicca senza alcun dubbio Peinture 1946, raffigurante un dittatore circondato da carcasse bovine di macelleria.
All’interno dello studio stesso, in quel caos di cui si accennava nell’introduzione, ritroviamo le varie tappe e gli stimoli che lo hanno spinto alla realizzazione dell’opera: cimeli del Major Bacon, il padre militare, fotografie di malattie della carne rinvenute durante il suo soggiorno a Parigi, frammenti fotografici e schizzi raffiguranti l’infermiera della Corazzata Potemkin di Eisenstein[10] riguardo cui disse ‘bellezza dello sparo, la bocca, e mi eccitava l’idea di riprodurlo a colori, il colore delle labbra e della carne e della lingua’, Il Massacro degli Innocenti di Poussin e Papa Innocenzo X di Velasquez. Painting diventa quindi il repertorio di tutta la sua carriera artistica fino a quel momento e il resoconto della sua vita, a partire dalla macelleria di Harrods riguardo cui diceva:
se vai in uno di quei grandi magazzini e attraversi quelle grandi sale della morte puoi vedere carne e pesce e uccelli e tutto quanto il resto, che giacciono lì senza vita. E ovviamente un pittore deve ricordare che c’è questa grande bellezza del colore della carne [11].
L’atelier di Cromwell Place è inoltre identificabile come il primo atelier mondano di Bacon, la stabilità economica derivategli dalla morte del padre e dai suoi nuovi lavori, e il carattere capriccioso ma di immenso fascino e cultura faranno sì che la sua casa diventi, durante la seconda guerra mondiale, ritrovo per artisti, attori, musicisti, giocatori d’azzardo, in cerca di un ambiente stimolante e borderline in cui sentirsi accolti e attivi nelle discussioni. Tra gli ospiti vi erano senza dubbio il suo compagno e mecenate Eric Hall e gli amici Lucian Freud, Wishart e i coniugi Graham e Kathy Sutherland. Ed è proprio Kathy Sutherland che ci offre un’ironica immagine dei loro pranzi insieme: ‘era possibile che la ciotola dell’insalata fosse sporca di vernice e che sui quadri ci fossero macchie del condimento dell’insalata’. Il colore rinvenuto in spazi non ‘convenzionali’ è testimoniato dallo stesso Bacon che dichiarava: ‘uso le pareti per provare i colori’[12].
Non solo Kathy però rimase colpita dall’ambiente del pittore da descriverlo, anche Wishart, giocatore d’azzardo incallito non sempre fortunato ci ha lasciato alcune righe interessanti relative all’atelier che egli descrive come una caverna di ‘sfarzo edoardiano in stato di abbandono’.
Wishart riporta anche i pochi oggetti legati alla famiglia di Bacon ovvero il servizio da tè con lo stemma della famiglia e i due lampadari citati in precedenza.
L’accumulo di materiale e di ‘impressioni’ prende definitivamente forma all’interno di questo atelier concimando le opere che qui nascono, quali I tre Studi Per le Figure alla base della Crocifissione, con lo sfondo violentemente arancione, la serie di Heads e i primi Papi, in cui il segno pittorico inizia a semplificarsi e le figure a deformarsi in modo compulsivo nelle varie tele. Qui il metodo di lavoro di Bacon inizia a prendere quella forma che lo caratterizzerà per tutta la vita del pittore:
ti accorgi che il segno che tracci suggerisce un’altra forma da cui puoi sviluppare qualcosa. A volte mentre lavoro sono così stufo che prendo il pennello e riempio la tela di segni, convinto che non funzioni affatto, e poi all’improvviso in questo caos si inizia a intravedere un’immagine a cui prima non avevo pensato [13].
Compulsivo sarà anche il continuo trasferirsi di Bacon negli anni dal 1950 al 1961, alla ricerca di una stabilità che troverà nella sua ultima ‘caverna’ di Reece Mews. Nel mentre viaggerà tra l’Inghilterra e Tangeri, accompagnato dal suo nuovo amante Peter Lacy, pilota aereo, cambiando atelier, tra cui ricordiamo quello di Battersea, e lavorando costantemente alle sue opere in serie, prime tra tutti i Papi, con uno studio maniacale nella deformazione delle bocche e dei denti, oppure l’atelier di Hurst, o quello di Market Place.
Sarà in questi anni che la sua carriera subirà una accelerazione impressionante, facendogli firmare un contratto con la Marlborough Fine Art che lo porterà a essere
figura di spicco all’interno della Tate Gallery.
Ogni trasferimento è anche motivo di cambiamento e approfondimento nella ricerca, per esempio il tempo trascorso a Tangeri influenzerà la tavolozza del pittore
schiarendo i colori da lui utilizzati e lavorando sulla luminosità.
Bacon vendette l’atelier di Cromwell Place nel 1950 a Robert Butler e questo rimase ‘il più grande rimpianto della sua vita’.
[9] Michael Peppiat, Francis Bacon à l’atelier, Tusson, 1999 p. 20.
[10] Daniel Farson, Francis Bacon, p134.
[11] Da link Einaudi Artisti a Londra
[12] Michael Peppiat, Francis Bacon à l’atelier, p. 21.
[13] Daniel Farson, Francis Bacon, p.92.
@ILLUS. by PATRICIA MCBEAL, 2022
FRANCIS BACON E I SUOI ATELIER(S)
@GRAPHICS by PMB, 2022