…RES OMNIS CAUSA EST, UT SIT ALIQUIS CUIUS RES SIT – TERTULLIANO E LA DIO-DIPENDENZA

Nell’«Adversus Marcionem» Tertulliano sostiene che esiste un Dio solo, ma è curioso, che questo “dio” abbia deciso di fondare due reami eterni: Inferno e Paradiso (non consideriamo il Purgatorio, perché dicono che sia provvisorio). Se questo unico Dio è veramente SUMMUM MAGNUM – come dice Tertulliano – come può consentire che la “magnitudo boni” non sia l’unico regno ultraterreno? Come può permettere la compresenza di un regno del male, l’Inferno, accanto a un regno del bene, il Paradiso?
La semplice presenza dell’Inferno costituisce una “magnitudo” che impedisce l’infinità del SUMMUM BONUM: la topografia ultraterrena dovrebbe corrispondere all’essenza del suo Signore e se il Signore dell’oltremondo è Sommo Bene, in quel mondo il Male non dovrebbe proprio “aver luogo”, a maggior ragione se quel “Signore” si proclama l’«essere come si deve».
Quis deus novus nisi falsus? Quale dio è nuovo, se non è un dio falso? – scrive Tertulliano in «Adversus Marcionem» (I,8) – e noi lo prendiamo in parola: se Dio, prima di creare, era infinito, come potrà, dopo aver creato, coesistere con il male? se il male non è un «deus novus» non è falso, e se non è falso è vero, ma se è vero non può essere vero il vero Dio del Bene! È Tertulliano stesso a scrivere, in «Adversus Marcionem» I,11: «se tutto l’universo appartiene al Creatore, non riesco a vedere un posto per un altro dio. Ogni cosa è piena e occupata dal Creatore». «Plena et occupata sunt omnia suo auctore».
E va bene: ammettiamo che il male non è patrocinato da un dio; dobbiamo però ammettere che, comunque, il male limita la grandezza di Dio (sempre che Dio sia Bene), perché se l’Inferno esiste e, alla fine dei tempi rinchiuderà in eterno i seguaci del Male, dobbiamo riconoscere che Dio non sarà tutto in tutti, come auspica San Paolo in Prima ai Corinzi 15,28:
22Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita. 23Ognuno però al suo posto: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo. 24Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo avere ridotto al nulla ogni Principato e ogni Potenza e Forza. 25È necessario infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. 26L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte, 27perché ogni cosa ha posto sotto i suoi piedi. Però, quando dice che ogni cosa è stata sottoposta, è chiaro che si deve eccettuare Colui che gli ha sottomesso ogni cosa. 28E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anch’egli, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti.
E come potrebbe, una magnitudo non divina, limitare una magnitudo divina? Solo grandezze omogenee possono interagire alla pari, e se il Male re-agisce al Bene limitandone l’estensione – per così dire – vuol dire che esso è del suo stesso genere.
In I,11 dell’«Adversus Marcionem», Tertulliano dice che «il nostro Dio esiste solo per il fatto che ha creato tutto questo universo» e «nessuno dovrebbe considerare dio colui che non ha creato niente». Allora: se niente fosse, Dio non sarebbe? Se sulla terra non ci fosse l’uomo, l’unico essere capace di concepire il concetto di Creatore, sarebbe come se niente fosse, perché gli animali – e tanto più i vegetali e i minerali – nei confronti del concetto di Creatore e di creazione “fanno come se nulla fosse” (!). Quindi, piuttosto, sarebbe più corretto dire che questo dio esiste solo per il fatto che esiste qualcuno capace di concepirlo (cioè l’uomo), ma questo equivale a dire che il Creatore è (stato) concepito dalla creatura, il che è paradossale.
Se l’uomo non fosse, Dio sarebbe per nulla; e allora ipotizziamo che la Desistenza sia stata attuata e che sulla terra non ci sia più nessun essere umano: chi sarebbe ancora in grado di dire che questo dio esiste per il fatto di aver creato tutto? Se nessuno può riconoscerlo, Dio resta sconosciuto, nonostante sulla terra ci siano minerali, vegetali ed animali. Chi lo riconoscerà, questo Dio? un animale, che non può conoscerlo? Ma allora Dio ha bisogno dell’uomo, per poter essere considerato tale, e, se un dio ha bisogno della sua creatura per poter essere riconosciuto Creatore, non è un dio onnipotente: se qualcosa o qualcuno non esiste per nessuno, egli è nessuno, esso è niente.
Senza l’uomo, Dio non è; e se per essere ha bisogno dell’essere umano, Egli non è l’Essere che ha creato l’essere (umano), o, forse, l’essere (umano), semplicemente, non è creato: è, e basta. È l’uomo, che talvolta ha bisogno di sapersi creatura, per sentirsi protetto da un Creatore: è troppo gravosa, la coscienza di essere; è più facile essere animale, piuttosto che spirituale. Il cosiddetto “spirito” è infatti proprio quella coscienza di essere, che un animale non ha, e che, non avendo, gli permette di non pensare a un dio e quindi di non desiderarsi creatura. Io direi:
De sideribus, spiritus; anima, de terra.
Un animale non può ricordarsi che terrà (= polvere) è, e terra (= polvere) ritornerà: la memoria è frutto della coscienza; per questo nessun animale potrà mai celebrare il memoriale del proprio essere animato. L’essere animato non sa di essere e quindi non può saperne nulla, di Dio: questa è l’incoscienza che l’uomo deve recuperare (ammesso che l’abbia mai avuta) e solo la desistenza può avvicinarsi a tanto (già, tanto: perché non è poco, il nulla!).
Possiamo quindi dire che questo Dio di Tertulliano non esiste, se non altro per il fatto che, per poter essere riconosciuto Creatore, ha bisogno di una creatura capace di conoscere. Ed è assurdo credere che questo Creatore abbia creato un essere capace di conoscere solo perché si abbia la cognizione del Suo essere divino!
Dio è OTTIMO MASSIMO? Ma l’ottimo è nemico del Bene, dunque Dio non è ottimo, e se non è ottimo non è nemmeno massimo, (il che non è il massimo).
Ciò che Dio ha creato è il “motivo” per cui Egli esiste? Ma allora un dio che non fosse creatore esisterebbe senza motivo? cioè non esisterebbe? non avrebbe motivo d’esistere? Se il motivo d’esistere di Dio è la sua capacità di creare, quale potrà essere il motivo di esistere dell’uomo? Forse la capacità di crearsi un dio a sua immagine e somiglianza? (o forse la capacità procreare?).
Il Creatore esiste perché può creare delle creature e le creature esistono perché possono crearsi un Creatore? La ragion d’essere, ecco il motivo che spinge a questo circolo vizioso! Ma non ha ragion d’essere, una «ratio» che ha bisogno di un motivo per poter essere. La mancanza di senso è infatti la causa prima della morte di Dio: il riconoscimento dell’insensatezza è la causa del conoscere che Dio non è; o, se è, che non è per noi.
Se l’uomo fosse la “prova” dell’esistenza di Dio, senza uomini Dio non potrebbe dimostrare che esiste: dubiterebbe di esistere e, forse, il tarlo di questo dubbio roderebbe pian piano il suo stesso Essere, perché se un essere non esiste, nemmeno è.
ESSE SINE CAUSA?
Inconcepibile! La causa prima, che è incausata per definizione, non ha più ragion d’essere se è privata di ciò che ha causato? Si dirà che la causa ha bisogno dell’effetto? Ma allora l’Essere – causa – e l’effetto – il (suo) esistere – fanno dell’esistere la causa dell’Essere? Bisogna esistere, per essere? Nemmeno Dio potrebbe Essere, senza esistere?
Quando diciamo che «l’Essere causa…», usiamo una parola (causa) che può essere sia sostantivo sia verbo transitivo; quando invece diciamo «l’essere esistenza…», utilizziamo un sostantivo che non può essere verbo transitivo: se una cosa esiste non fa esistere. L’Essere causa l’esistere ma l’esistere non causa l’Essere. Quindi l’esistere non può esistere senza essere, mentre l’Essere può essere senza esistere. Sarà per questo, che i cristiani hanno pensato Dio come Trinità? Perché, senza un Figlio che lo riconosce Padre, Dio avrebbe potuto Essere ma non esistere? E questo ‘riconoscere’, questa “riconoscenza” è lo Spirito (Santo)? Facile poi concludere che la “riconoscenza”, lo Spirito, è Amore!
Dunque il Padre fa esistere il Figlio per poter essere padre e il Figlio, riconoscendosi figlio perché conosce il Padre, prova quella “riconoscenza” che si chiama Spirito? Va bene. Ma che bisogno aveva, questo Dio trino, di far esistere anche l’uomo? Per sapere di esistere, non gli bastava il proprio Figlio? o forse è il Figlio che, a sua volta, per essere sicuro di Essere, fa esistere dei figli suoi? (cioè noi?). E poi la storia continua: noi, per essere certi di essere umani, facciamo esistere dei figli nostri, i quali a loro volta vogliono convincersi di essere umani procreando altri figli… e così via all’infinito?
Direi che non funziona, proprio non funziona.
Se l’essere ha bisogno di esistere in un altro per poter essere quel che è (o che pensa di essere), non è un Essere autosufficiente, e quindi non è indipendente, autonomo… per quanto voglia fare l’autarchico. L’esistenza è la prova provata della dipendenza ontologica dell’Altro. L’«UNO» è se l’«ALTRO» esiste. O magnum mysterium! L’UNO non è, se l’ALTRO non esiste… e questo «essere l’uno “per” l’altro» dicesi Spirito? Teoricamente, nella (Santissima) Trinità può anche essere concepibile, una logica ontologicamente relazionale, ma l’essere umano che ci sta a fare? Se all’UNO basta l’ALTRO per sapersi Dio-che-è, a cosa gli serve, l’uomo?
La generazione crea, la creazione procrea… non si finisce più! Ognuno, nel suo piccolo e nel suo grande, deve far esistere per poter sentirsi ess-ente (= ente vivo): questa è dipendenza bell’e buona! peccato che sia cattiva…
Non è bene che Dio sia solo? Non è bene che l’uomo sia solo? La solitudine è dunque male? Già: perché in solitudine si è, ma non si esiste? Allora il problema ontologico è un problema esistenziale, e viceversa. L’esist-ente desidera essere e l’ess-ente desidera esistere. Non può però darsi che si esista senza senza essere? o che si si sia senza esistere? Non esiste, un essere che non esiste? La proliferazione ontologica genera dèi e crea uomini?
La bulimia dell’essere aborre l’anoressia del non essere? La desistenza, annullando l’esistere, annichilisce l’essere? eliminando l’esistenza fa sparire l’essenza? Se l’essenza dell’essere è l’esistere, l’Essere non può essere, senza esistere. Ma se l’uomo può decidere di non far esistere altri esseri umani, può sopprimere l’essenza dell’essere (umano): l’uomo è dunque più potente dell’Onnipotente? Incredibile dictu!
La potenza sessuale dell’uomo, la potenza procreativa, è più potente della potenza onnipotente di Dio? la potenza procreatrice è più potente della potenza creatrice? La creatura è più potente del Creatore? Il potente è più potente dell’Onnipotente? Sembrerebbe di sì, con la desistenza!
Nell’«Adversus Marcionem» (I,12) Tertulliano dice che «ogni cosa è il motivo per cui esiste colui al quale quella cosa appartiene». E io penso:
- Se il Figlio di Dio “appartiene” al Padre, Egli è il motivo per cui esiste Dio-Padre.
- Se la creatura “appartiene” al Creatore, egli è il motivo per cui esiste il Creatore.
Ergo, senza creature, il Creatore non ha (più) motivo di esistere! Difficile crederlo… ma come suona in latino, questa sparata del grande Tertulliano?
…res omnis causa est, ut sit aliquis cuius res sit.
E poco dopo, lo stesso Tertulliano scrisse: «io trovo che sia più degno di Dio credere che egli non esista, piuttosto che credere che egli esista senza qualche causa». Visto? La canonizzazione ontologica del complemento di causa si chiama GRAZIA, come io sostengo da tempo. Poi Tertulliano continua dicendo che «[s]enza causa esiste infatti colui che, non possedendo una cosa, non ha alcuna causa per esistere. Ma Dio non può essere senza causa, cioè senza cosa»: sine causa est enim qui rem non habendo non habet causam. Deus autem sine causa, id est sine re, esse non debet.
Questo sì che è «vivere “per” gli altri»! La RES è il motivo per cui si vive… si tratta certo di una visione molto – come dire? – re-alistica, dell’esistenza… e stupisce che poi, in ultima analisi, Tertulliano chiami RES ciò che, tra le righe, appare manifestamente come “figlio” (di Dio o dell’uomo poco importa). È la morale della madre, la donna che “tiene figli”: colei la quale «rem non habendo (= non avendo un figlio) non habet causam (= non ha motivo di vivere)». Vivere per procreare, che è esattamente quello che fa la quasi totalità degli esseri umani. Bravo Tertulliano!
Ndr: Quinto Settimio Fiorente Tertulliano (II-III sec. d.c.) fu filosofo e teologo tra i più rilevanti e influenti del suo tempo. Tuttavia a causa del suo avvicinamento in vecchiaia a sette che furono successivamente considerate eretiche, gli fu vietato l’accesso all’insigne rango di Padre della Chiesa. Tertulliano e la Dio-dipendenza: rem non habendo non habet causam; egli impone l’esistenza a motivo di Dio.
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@ILLUS. by JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2020