SCHOPENHAUER: IL MONDO COME VOLONTÀ (Parte I)

Ogni essere vivente possiede delle volontà ed è impossibile scansarsi da queste. Schopenhauer parla di “volontà di vivere” che corrisponde al mondo noumenico. Si potrebbe dire che è l’essenza non solo dell’uomo ma anche dell’universo perché va oltre la realtà a cui siamo abituati, va al di la del fenomeno e delle categorie di spazio, tempo e causa. La volontà secondo il filosofo è la matrice che governa il mondo, ovvero un’essenza intima del mondo, un impulso cieco che si percepisce come energia che sta dietro ogni fenomeno e alla natura. Essa, inconsapevole, acquisisce coscienza nell’uomo che andando oltre il mondo fenomenico che è governato dalla mente e quindi da razionalità, può cogliere un’essenza ultima di volontà di vivere che viene definita dal pensatore come assoluta, cieca, spaziale e senza dimensione di causa e fine. Il mondo come volontà di vivere si potrebbe dire anche che è mondo come rappresentazione di questa volontà di vivere, infatti gli uomini sono manifestazioni di volontà di vivere che la guidano in avanti. L’uomo è dunque manifestazione di volontà di vivere che giunge alla manifestazione assoluta di questa volontà di vivere. L’uomo però, deve uscire da questa volontà di vivere, da questa prigionia e dovrà squarciare il “velo di Maya” e prendere consapevolezza di essere in una dimensione illusoria, prodotta dalla volontà di vivere e dovrà trasformarsi in un uomo vero e cosciente, abbandonando la prigionia del desiderio. Proporrà più avanti Schopenhauer, attraverso l’influenza orientale, il cammino della ascesi attraverso il Nirvana.
Il soggetto conoscente, comunque sia ha le proprie radici in quel mondo, nel mondo inteso come fenomeno. Si trova in esso come individuo. Ciò significa che il suo conoscere è reso possibile in tutto e per tutto dalla mediazione di un corpo le cui affezioni, come abbiamo visto, sono per l’intelletto il punto di partenza dell’intuizione di quel mondo (Il mondo come volontà e rappresentazione, p. 125).
Ciò che qua viene ribadito dal filosofo è che l’edifico della conoscenza umana si basa in ultima istanza sulle sensazioni corporee. Il punto di partenza è l’intuizione di quel mondo e il corpo viene definito come puro soggetto conoscente. Al soggetto conoscente, che appare come individuo, è data la parola dell’enigma; e questa parola è la volontà. Si potrebbe dire quindi che la volontà è la chiave che spiega il fenomeno, manifesta il senso, mostra l’essenza del suo essere e del suo agire ma anche dei suoi movimenti. Il soggetto della conoscenza attraverso il corpo si presenta come individuo nel mondo e a questo corpo vengono date due diverse connotazioni: è dato come rappresentazione dell’intuizione dell’intelletto, ossia come oggetto tra gli oggetti e sottomesso alle leggi di questi; ma è dato anche contemporaneamente anche un qualcosa di direttamente conosciuto da ciascuno, ovvero ciò che la volontà esprime.
Questo non indica necessariamente una volontà razionale, un ragionamento, ma la volontà potrebbe essere meglio intesa come un impulso. Peraltro soltanto poche azioni corporee (visive, auditive, tattili) sono soltanto sensazioni che hanno una rilevanza solo da un punto di vista della conoscenza scientifica. Per lo più le azioni corporee del nostro corpo, di cui siamo consapevoli perché si tratta del proprio corpo, sono sempre correlate a un dolore e ad un piacere: l’impulso agisce e il soggetto nell’azione prova piacere. Secondo il filosofo, questa identità di corpo e volontà non può essere mai dimostrata perché è la conoscenza più immediata di tutte, ma solo intuita. Tuttavia la filosofia può chiarirla e, anzi, la verità filosofica per antonomasia è proprio questa. Questa conoscenza più metafisica del reale passa attraverso l’esperienza del corpo, del mio corpo per me stessa.
Ogni atto di volontà è immediatamente correlato a un moto del proprio corpo: non è possibile volere realmente un atto senza accorgersi insieme ad esso che questo appare come movimento del corpo. L’atto volitivo e l’azione del corpo non sono due diversi stati conoscitivi in modo oggettivo, questi ultimi non stanno in una relazione di causa ed effetto; bensì sono una cosa unica, solamente dati in due modi diversi, in cui in una è possibile raggiungerlo direttamente, nell’altro mediante intuizione per intelletto. L’azione del corpo non è altro che l’atto di volere in maniera oggettivata, ossia che viene penetrato dall’intuizione. Il corpo viene definito dal pensatore come “obiettità della volontà”: la volontà è la conoscenza a priori del corpo, mentre il corpo è la conoscenza a posteriori della volontà.
Nella riflessione, volere ed agire sono distinti ma nella realtà sono un tutt’uno. Ogni genuino atto volitivo è subito visivamente anche da un atto del corpo: corrispondentemente dall’altra parte, ogni azione sul corpo è anche azione di volontà e come tale si chiama dolore, se ripugna alla volontà; benessere, piacere, se è questa conforme. Schopenhauer a riguardo sostiene che si avrebbe torto se si attribuisse il nome di rappresentazione al dolore ed al piacere che sono invece affezioni dirette della volontà nella sua manifestazione fenomenica. Sono da considerare rappresentazioni solamente poche impressioni corporee che non eccitano la volontà, e per le quali il corpo diventa immediatamente oggetto della conoscenza, mentre l’intuizione è oggetto nell’intelletto, al pari di tutti gli altri oggetti. L’identità del corpo e della volontà inoltre si mostra anche nel fatto in cui ogni movimento vivace o eccessivo della volontà, ossia ogni affetto, scuote il corpo e il suo intimo meccanismo, disturbando così l’andamento delle sue funzioni vitali. Indi per cui, la conoscenza che un individuo ha della mia volontà è, benché immediata, inseparabile dal mio corpo.
Conosco la mia volontà non nel suo complesso, non come unità, non appieno nella sua essenza; ma la conosco soltanto nei suoi singoli atti, e quindi nel tempo, ch’è forma del fenomeno del mio corpo come d’ogni oggetto (ivi).
È fattibile dedurre quindi che questa volontà, senza il proprio corpo, non può avere rappresentazione. Schopenhauer ribadisce assiduamente nel diciottesimo paragrafo che il nostro corpo e la nostra volontà sono un tutt’uno: ciò che chiamo “mio corpo” è attribuibile alla rappresentazione intuitiva, ed possibile chiamare “mia volontà” perché ne siamo consci in maniera del tutto diversa, non paragonabile a nient’altro. Oppure si potrebbe definire il mio corpo come l’oggettità della mia volontà; o prescindendo dal fatto che il mio corpo è mia rappresentazione, esso non è altro che mia volontà.
Andando avanti nella trattazione del mondo noumenico, viene sviluppata la tesi fondamentale per cui la volontà è l’essenza metafisica stessa di tutto il mondo ed essa si manifesta in molti modi, come per esempio nella gravità o nel magnetismo. Riprendendo Kant, la volontà è la cosa in sé: per Kant non c’è una conoscenza della cosa in sé, per Schopenhauer l’esperienza della cosa in sé si raggiunge a partire dall’esperienza del proprio corpo. Non si potrebbe nemmeno dire che in comune hanno la volontà perché essa è intesa in modi completamente diversi: per Schopenhauer ha una visione irrazionale, mentre con Kant si parla essenzialmente di una volontà razionale. Il fenomeno è rappresentazione: ogni rappresentazione, di qualunque tipo essa sia, è fenomeno, mentre la cosa in sé è la volontà. La coppia kantiana di fenomeno e cosa in sé dunque viene ripresa e ridimensionata da Schopenhauer, soprattutto per quanto riguarda la considerazione della volontà. Questa volontà, in quanto tale, altro non è che il fondamento metafisico del mondo che si oggettiva a livello fenomenico negli enti, attraverso proprio lo spazio ed il tempo. La volontà però rimane una e indivisa, essa è il principio metafisico dell’universo. Inoltre, in quanto priva di fondamento, la volontà è libera e lo è perché è assolutamente immotivata.
La volontà come cosa in sé è affatto diversa dal suo fenomeno, è pienamente libera da tutte le forme di questo nelle quali passa all’atto del suo manifestarsi; queste forme riguardano la sua obiettità, ma le sono sostanzialmente estranee. La volontà come cosa in sé sta al di fuori dal dominio del principio di ragione in tutte le sue forme ed è quindi assolutamente senza ragione. La mancanza di ragione nella volontà si è effettivamente conosciuta laddove essa si manifesta in modo più palese, come volontà dell’uomo; e la volontà fu detta libera ed indipendente. Ma allo stesso tempo, a causa di questa mancanza di ragione, venne trascurata la necessità a cui è sempre sottomesso il fenomeno: gli atti furono dichiarati liberi mentre non sono tali perché ogni singolo atto proviene da una stretta necessità di azione. Ogni necessità è relazione tra causa ed effetto e non altro. Il principio di ragione è forma generale di ciascun fenomeno e l’uomo nella sua attività, come ogni altro fenomeno, dev’essergli sottomesso.
Ma poiché nella coscienza personale la volontà vien conosciuta direttamente ed in sé, con questa coscienza avviene anche la consapevolezza della libertà. Nondimeno si dimentica che l’individuo, non è la volontà come cosa in sé, bensì fenomeno della volontà e come tale è già passato nella forma del fenomeno e quindi del principio di ragione. Da qui avviene il fatto singolare per cui ciascuno a priori si ritiene del tutto libero, anche nelle sue singole azioni; e ritiene di poter iniziare ad ogni momento un nuovo indirizzo di vita, quasi diventando un altro. Ma a posteriori, attraverso l’esperienza, è possibile accorgersi con stupore di non essere realmente libero, ma sottomesso alla necessità. Il fenomeno della volontà in sé, priva di ragione, è tuttavia, in quanto fenomeno, sottomesso alla legge della necessità, ovvero al principio di ragione. La necessità con cui avvengono i fenomeni della natura, non deve essere di impedimento nelle manifestazioni della volontà. È possibile anche notare che la volontà agisce là dove nessuna conoscenza la guida.
Se fossimo persuasi che la rappresentazione non è necessaria ed essenziale condizione dell’attività di volere, conosceremo più facilmente l’effetto della volontà in casi dove è meno appariscente.
@ILLUS. by PMB & JPS, 2020 – @in PHOTO – LUCCYF3R, 20??
SCHOPENHAUER:
LA MUSICA COME SALVEZZA DELL’ANIMA