CRONACA GENEALOGICA EVOLUZIONISTICA DAL PUNTO DI VISTA FILOSOFICO

L’identità umana è forse uno dei temi filosofici più interessanti e longevi che la storia del pensiero abbia mai visto. L’Antropologia filosofica (“cos’è l’uomo?”) rivela essere un punto di partenza centrale per qualsiasi riflessione filosofica; essa è equivalente ad un punto relativo sul quale noi possiamo successivamente costruire tutte quelle nostre dimensioni con cui ci rapportiamo, la politica, l’etica, l’economia, l’istruzione, ecc… Si vuole proporre in questa sede perciò un’antropologia sulla quale a parer mio vale la pena di riflettere da cui successivamente far derivare teorie di filosofia pratica, poiché i risultati conseguenti da questa derivazione (che non vorrei definire come fondazione) andrebbero ad individuare punti nell’essere umano che se trattati in un certo modo potrebbero giovare al progresso della società e alla creazione di una libertà.
Alla domanda “che cos’è l’uomo”, rispondo che non è possibile definire un’essenza precisa che vada a definire l’essere umano per tutta la sua storia, ma è doveroso comprendere che nel termine “homo sapiens”, ci sono ulteriori homini, che si contraddistinguono a seconda dei vari fenomeni emersi sia nell’aspetto epistemologico che in riferimento ai rapporti di produzione con lo strumento tecnico. Non analizzerò quest’ultimo punto poiché penso che dare una lettura culturale dell’essere umano possa risultare più azzeccato per poi discernere gli aspetti tecnici.
Ontologicamente potremmo definire l’essere umano come un fenomeno emergente che è derivato da un determinato percorso evolutivo (la cui forma è meglio ricordare, non è mai unica in sé) e che ha delle seguenti caratteristiche (è composto da atomi, che compongono molecole che a loro volta compongono cellule, ecc…), ma se analizziamo i rapporti che definiscono il vero e proprio essere dell’uomo notiamo che i rapporti che potrebbero definirlo meglio sono due: il rapporto con la tecnica ed il rapporto della comunicazione. Questo dualismo (mutualmente determinato in alcuni momenti) conferisce all’uomo una sua primaria essenza, seppur delineata in modo molto astratto, che avrebbe permesso ai primi esemplari di homo sapiens di generare fenomeni, seppur irriducibili, pur ascrivibili a quelle due determinate componenti. Dobbiamo dunque ora determinare un primo punto, quello che io chiamerò Homo Sapiens simplex, poiché possiede una determinazione piuttosto semplice dei due rapporti. Infatti, questi si esplicano in modi e forme piuttosto astratti, dai semplici disegni sulle grotte di Lascaux alle circolari tombe etrusche ai semplici ed atomici fondamenti del linguaggio. Ma questo stadio culturale umano è in grado (grazie all’imitazione acquisita a causa della necessità di sopravvivenza) di produrre delle forme tramite osservazione, e qui perciò capiamo che si forma il fenomeno dell’arte.
Ma la società inizia ad inspessirsi, il mondo si scopre essere profondo, ed ora assume nuova importanza, ed è qui che emerge dal primo modello delineato l’Homo Sapiens Reflexo. Assumendo che molti rapporti umani, come si può constatare da una nostra visuale empirica, avvengono per necessità, si può dire che per necessità di libertà l’uomo ha sviluppato un’abilità mentale riflessiva dove è in grado di riflettere sé stesso e il mondo in cui vive. Grazie al fenomeno artistico, evolutosi in maniere molto più articolate a causa dell’iterazione di forme semplici, abbiamo un fattore che riflette l’uomo stesso. Così, sempre in maniera collaterale per quest’epoca, l’uomo si è creato una coscienza, proprio a causa dell’impulso di arrivare ad una libertà che gli aggrada (questo è in lui unito all’arte), impulso che si verifica in tutte le creature viventi, e da qui, ha realizzato di poter esercitare la sua natura in una lex naturalis tutta sua, arrivando perciò con sua volontà alla libertà. La coscienza necessariamente porta alla creazione di un libero arbitrio, seppur in questa fase poco libero e molto dettato da necessità, e quest’ultimo, fa discendere da sé stesso una volontà (essa si può esplicare in più forme).
L’Homo Reflexo dunque, è al primo stadio di libertà umana, attuando quei due tipi di rapporti sul mondo in modi già più complessi: si va dai dorici capitelli greci al misto stile geometrico di tardo impero romano. Ed in questo stadio di libertà troviamo la nascita delle scienze, ma queste sono ancora molto confuse, indistinte ed unite in un’unica dimensione. Difatti da questo difetto di tale modello di Sapiens arriva un presagio di ciò che costituirà la prossima evoluzione. Ma dato che il progresso non è un processo armonico, si può ben dire sulla base di questo schema che l’uomo successivamente fa derivare la sua coscienza da un unicum (religioni e divinità), così costituendo una derivazione collaterale, portando i rapporti di comunicazione verso le alte chiese gotiche che solevano levarsi verso il paradiso, così distinguendo i rapporti con la tecnica, creando quella divisione a cui accennavo prima. Arriviamo perciò all’Homo Sapiens Unique, dove il rapporto con la coscienza è diretto all’uno (che lo si voglia chiamare Dio, Allah, o Uno Plotinico), i rapporti di produzione sono ridotti allo stretto necessario poiché si ha una predominanza dei rapporti di comunicazione (essi subordinano i primi), così questi vanno a costituire la maggior parte del corso vitale di un essere umano.
Questo stato rivela in sé un progresso nel senso che rappresenta un primo momento di autoriflessività che però non attinge verso la libertà, ma attinge alla libertà di un’idea che è condivisa dagli uomini, ovvero l’idea di una divinità unica. Ciò è dato dal semplice fatto che l’essere umano non ha abbastanza forza di volontà per capire che non è al centro dell’universo. Successivamente con il Rinascimento abbiamo l’Homo Sapiens Laicus, un uomo che dal punto di vista memico è discendente dell’Unique, ma entra in contatto con elementi culturali dell’Homo Reflexo, perciò creando una sintesi separata (evolutasi nel tempo) dai due tipi descritti precedentemente. Questo tipo di Sapiens ha avuto come risultato emergente la creazione del metodo scientifico, metodo in grado di attingere alla gran parte della totalità del mondo in cui viviamo. Grazie a questo fattore noi esseri umani abbiamo creato il modo adatto a noi per attingere al libero arbitrio, poiché solo acquisendo coscienza sulle nostre condizioni (unendo scienza e filosofia) possiamo crearci la possibilità di scegliere liberamente con criteri reali e perciò crearsi una sua libertà.
Oltre a fondare i valori moderni ed a rinnovare la cultura dell’Unique, il Laicus si sostiene per un pressoché determinato periodo storico (Dal Rinascimento alla seconda metà dell’Ottocento) per successivamente concedere il suo posto all’ultimo uomo: l’Homo Sapiens Nihil. Quest’ultima fase di evoluzione memica della società si esplica per le prime volte nei testi di Nietzsche e dei cosiddetti pensatori “nichilisti attivi”, pensatori che teorizzano (in parte o totalmente) uno smascheramento dei valori che hanno dominato le forme memiche negli stadi di sapiens precedenti. Il Nihil perciò si esplica nell’uomo moderno, un uomo che ora, avendo acquisito la giusta forza di volontà può creare e far emergere a sua volta con molta più consapevolezza dei valori e delle forze presenti già in passato pur sapendo che il mondo attorno a lui non aveva le caratteristiche da lui pensate.
La forma di nichilismo che penso possa essere adatta ad un’evoluzione (dal Laicus al Nihil) è quella di una corrente attiva che tuttavia non applica riduzionismi indebiti o non totalizza come inesistente la totalità dei valori, così riconoscendo alcuni valori (come la giustizia, l’uguaglianza, l’empatia, la scienza ed altri) proprio perché questi rivelano essere delle proprietà che l’essere umano, grazie ad una volontà creatrice acquisita proprio con questo ultimo modello di uomo, può effettivamente far emergere e creare.
@ILLUS. by MAGUDA FLAZZIDE, 2022