DIALETTICA DELL’ONTALGIA

Luigi Pareyson critica Hegel:
«In primo luogo ha confuso la storia eterna e divina con la storia temporale e umana; in secondo luogo: ne ha fatto una dialettica della necessità piuttosto che una dialettica della libertà. La dialettica hegeliana fa coincidere l’autoaffermazione divina e la storia temporale umana, con la conseguenza che, anzitutto, la positività è concepita come finale e conclusiva, come conclusione del tempo nel tempo, e in secondo luogo che la positività finale contiene qualcosa di più di quanto c’è all’inizio, in base al concetto della ‘sintesi’»
[Luigi Pareyson: Ontologia della libertà – Einaudi (Paperbacks Filosofia 253), Torino 1995 – pag. 68].
Partiamo dal fondo: Pareyson rinfaccia ad Hegel che il concetto finale del Sapere assoluto ne esce arricchito, contenendo «qualcosa di più di quanto c’è all’inizio»; a questo riguardo il vostro Profeta, o desistenti, vi raccomanda di leggere molto attentamente i seguenti articoli del Catechismo della Chiesa Cattolica, e specialmente il 374:
L’uomo nel paradiso
374 Il primo uomo non solo è stato creato buono, ma è stato anche costituito in una tale amicizia con il suo Creatore e in una tale armonia con se stesso e con la creazione, che saranno superate soltanto dalla gloria della nuova creazione in Cristo.
375 La Chiesa, interpretando autenticamente il simbolismo del linguaggio biblico alla luce del Nuovo Testamento e della Tradizione, insegna che i nostri progenitori Adamo ed Eva sono stati costituiti in uno stato di santità e di giustizia originali. La grazia della santità originale era una partecipazione alla vita divina.
376 Tutte le dimensioni della vita dell’uomo erano potenziate dall’irradiamento di questa grazia. Finché fosse rimasto nell’intimità divina, l’uomo non avrebbe dovuto né morire, né soffrire. L’armonia interiore della persona umana, l’armonia tra l’uomo e la donna, infine l’armonia tra la prima coppia e tutta la creazione costituiva la condizione detta «giustizia originale».
377 Il «dominio» del mondo che Dio, fin dagli inizi, aveva concesso all’uomo, si realizzava innanzi tutto nell’uomo stesso come padronanza di sé. L’uomo era integro e ordinato in tutto il suo essere, perché libero dalla triplice concupiscenza che lo rende schiavo dei piaceri dei sensi, della cupidigia dei beni terreni e dell’affermazione di sé contro gli imperativi della ragione.
378 Il segno della familiarità dell’uomo con Dio è il fatto che Dio lo colloca nel giardino, dove egli vive «per coltivarlo e custodirlo» (Gn 2,15): il lavoro non è una fatica penosa, ma la collaborazione dell’uomo e della donna con Dio nel portare a perfezione la creazione visibile.
379 Per il peccato dei nostri progenitori andrà perduta tutta l’armonia della giustizia originale che Dio, nel suo disegno, aveva previsto per l’uomo.
Primum homo non solum est creatus bonus, sed in amicitia cum Creatore suo et in harmonia cum semetipso et cum creatione illum circumstante constitutus est, quae a gloria novae creationis in Christo sunt superatae.
Sentito, Pareyson? «che saranno superate soltanto dalla gloria della nuova creazione in Cristo». Perché non ti va che per Hegel «la positività finale contiene qualcosa di più di quanto c’è all’inizio, in base al concetto della ‘sintesi’.»? Non lo sai, che Hegel s’è lasciato plagiare non meno di te dal catechismo della chiesa cattolica? Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia – Romani 5,17-21:
Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita. Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti.
La Legge poi sopravvenne perché abbondasse la caduta; ma dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia. Di modo che, come regnò il peccato nella morte, così regni anche la grazia mediante la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
Quando Hegel fa sì che «la positività finale contiene qualcosa di più di quanto c’è all’inizio, in base al concetto della ‘sintesi’» non fa che obbedire al Catechismo della Chiesa Cattolica:
412 Ma perché Dio non ha impedito al primo uomo di peccare? San Leone Magno risponde: «L’ineffabile grazia di Cristo ci ha dato beni migliori di quelli di cui l’invidia del demonio ci aveva privati». E san Tommaso d’Aquino: «Nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata destinata ad un fine più alto dopo il peccato. Dio permette, infatti, che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande. Da qui il detto di san Paolo: “Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rm 5,20). Perciò nella benedizione del cero pasquale si dice: “O felice colpa, che ha meritato un tale e così grande Redentore!” ».
412 Sed cur Deus primum hominem peccare non impedivit? Sanctus Leo Magnus respondet: sumus «ampliora adepti per ineffabilem Christi gratiam quam per Diaboli amiseramus invidiam». Et sanctus Thomas Aquinas: «Nihil autem prohibet ad aliquid maius humanam naturam productam esse post peccatum: Deus enim permittit mala fieri ut inde aliquid melius eliciat. Unde dicitur Rom 5,20: “Ubi abundavit iniquitas, superabundavit et gratia”. Unde et in benedictione Cerei Paschalis dicitur: “O felix culpa, quae talem ac tantum meruit habere Redemptorem!”».
Spero che bastino, queste citazioni, o ereticissimo Pareyson. E veniamo all’altra tua critica: «La dialettica hegeliana fa coincidere l’autoaffermazione divina e la storia temporale umana, con la conseguenza che, anzitutto, la positività è concepita come finale e conclusiva, come conclusione del tempo nel tempo…». E cosa ti aspetti, dalla fenomenologia di uno Spirito che non è quello del tuo Essere assoluto, bensì solo del suo Sapere assoluto? La soluzione dello Spirito umano è per Hegel solo una risoluzione filosofica, non aspira a porsi come assoluzione teologica di un’Anima peccatrice – per quanto le peripezie fenomenologiche dello Spirito hegeliano somiglino tanto a quelle dello Spirito Santo cristiano.
Nella Scienza della Logica Hegel trattando de La vita – Das Leben – lo dice chiaramente, che «se l’oggetto della logica è la verità assoluta e se la verità come tale è essenzialmente nel conoscere, si dovrebbe almeno trattar del conoscere»: Wenn aber die absolute Wahrheit der Gegenstand der Logik und die Wahrheit als solche wesentlich im Erkennen ist, so müßte das Erkennen wenigstens abgehandelt werden. Il concetto, der Begriff, «è l’anima della vita stessa (ist die Seele des Lebens selbst); esso è l’impulso (der Trieb) che, con un processo di mediazione, passa attraverso l’oggettività, alla sua realtà». Ma se per Hegel il concetto è l’anima della vita stessa, l’Idea è al di sopra anche del Concetto, come risultato dell’unione di Concetto e Oggetto.
«L’Idea (Die Idee) è il concetto adeguato, il Vero oggettivo ossia il Vero come tale.» – Die Idee ist der adäquate Begriff, das objektive Wahre oder das Wahre als solches. – «L’essere ha raggiunto il significato di verità in quanto l’idea è l’unità del concetto e della realtà.» – Die Idee hat aber nicht nur den allgemeineren Sinn des wahrhaften Seins, der Einheit von Begriff und Realität – «L’idea è primieramente la vita» – So ist die Idee erstlich das Leben – «L’idea della vita nella sua immediatezza è soltanto l’anima creatrice universale»: Die Idee des Lebens in ihrer Unmittelbarkeit ist nur erst die schöpferische allgemeine Seele.
Fondamentale qui il ruolo che riveste il Pensiero:
«Il pensiero (der Gedanke), che libera (befreit) la realtà dall’apparenza (von dem Scheine) della mutabilità senza scopo (zwecklosen) e la trasfigura in idea, non si deve rappresentar (vorstellen) questa verità della realtà come la quiete morta (die tote Ruhe), come una semplice immagine (ein bloßes Bild), fiacca, senza impulso né moto (ohne Trieb und Bewegung), quale un genio o un numero o un pensiero astratto (einen abstrakten Gedanken). A cagione della libertà che il concetto vi aggiunge (um der Freiheit willen, die der Begriff in ihr erreicht), l’idea ha anche in sé l’opposizione più dura (den härtesten Gegensatz in sich); la calma sua consiste nella sicurezza e certezza con cui eternamente la genera (ewig erzeugt) e eternamente la vince (ewig überwindet) fondendovisi con se stessa».
[Hegel: Scienza della Logica – Laterza, Bari 1968 – tomo secondo: pag. 862]
Il vostro Profeta, o desistenti, ritiene che in questo passo cruciale si trovi il peggior nemico della Desistenza: l’Idea che la Verità dell’Essere sia nel suo ineludibile divenire esistenziale, dettato da die schöpferische allgemeine Seele, una sorta di Anima mundi il cui treiben – spingere – è quell’irrefrenabile impulso – der Trieb – il cui sprießen – germogliare – consiste nel φύω – latino: fuit – di una φύσις (-εως, ἡ) – natura fisica – che è un generare – erzeugen = er + zeugen – spontaneo. Pareyson s’avvicina a Hegel quando condivide l’idea che um der Freiheit, «per» la Libertà, («per» causale? «per» finale?) concettualmente questa Verità, astratta nel Pensiero, deve farsi concettualmente esistenziale nella dialettica che le oppone der Gegensatz, l’opposizione che la spiega estrinsecandola. Si prospetta così uno stretto e inscindibile vincolo logico-ontologico:
I D E A
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LATO LOGICO
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CORRELATO ONTOLOGICO
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der Satz
positio
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der Stand
iactum
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der Gegen-satz
pro-positio
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der Gegen-stand
ob-iectum
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CONCETTO
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OGGETTO
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Dall’unione delle due colonne della tabella si evince l’Idea hegeliana come die Einheit von Begriff und Realität. Idea = Concetto + Oggetto.
- der Gegensatzt: l’Opposizione logica.
- der Gegenstand: l’Opposizione ontologica.
Dove e come possa darsi Libertà in questa consequenzialità stringente è difficile capirlo; ma Luigi Pareyson almeno su questo sembra essere d’accordo con Hegel: l’Essere posto è protologicamente già (iam) opposto al Nonessere sì che la sua posizione nei confronti del creato è già (iam) logicamente e ontologicamente opposizione ancor prima che la creatura umana liberamente s’opponga al Creatore divino nella ardua libertatis probatio di cui parla il Catechismo della Chiesa Cattolica. In altre parole, la dialettica è fatalmente insita sia nel sistema onto-logico hegeliano sia in quello onto-teo-logico pareysoniano: il passo che pone il positivo è sin da subito il trapasso che oppone il negativo, con tutte le conseguenze ontalgiche che ne derivano.
Ma il luogo della Wissenschaft der Logik nel quale maggiormente si può leggere l’ascendente hegeliano su Luigi Pareyson, relativamente a il male e la sofferenza (sottotitolo di Ontologia della libertà), è là dove si parla del dolore: der Schmerz. Soffermandosi sulla assoluta «contraddizione» – der Widerspruch – in cui si dibattono i due versanti collaterali dell’esistere, Hegel rimarca che «il concetto è sdoppiato (entzweit) nell’assoluta sua diseguaglianza con sé; e siccome esso è in pari tempo in questo sdoppiamento l’assoluta identità (absolute Identität in dieser Entzweiung), così il vivente è per se stesso questo sdoppiamento (so ist das Lebendige für sich selbst diese Entzweiung) ed ha quel sentimento di questa contraddizione che è il dolore (und hat das Gefühl dieses Widerspruch, welches der Schmerz ist.)».
«Il dolore (Der Schmerz) è quindi il privilegio delle nature viventi (das Vorrecht lebendiger Naturen); essendo il concetto che esiste (der existierende Begriff), esse sono una realtà di questa forza infinita (eine Wirklichkeit von der unendlichen Kraft), che cioè sono in sé la negatività di loro stesse (daß sie in sich die Negativität ihrer selbst sind), che questa loro negatività è per loro (daß diese ihre Negativität für sie ist), ch’esse si mantengono nel loro esser altro (daß sie sich in ihrem Anderssein erhalten). – C’è chi dice che la contraddizione non si può pensare: ma essa è nel dolore del vivente (so ist er vielmehr im Schmerz des Lebendigen), è piuttosto una esistenza reale (eine wirkliche Existenz)».
[Hegel: Scienza della Logica – Laterza, Bari 1968 – tomo secondo: pag. 874]
Orrore! Tre volte Orrore! Il vostro Profeta, o desistenti, homo sacer, a questo punto ebbe una crisi desistenziale, un vero e proprio attacco filosoficamente “epilettico”, nel senso etimologico della parola:
ἐπιληψία (-ας, ἡ):
[ἐπίληπτος]
fermata, arresto ARISTOT. Pr. 866b 14 ‖ med. epilessia HP. Aph. 3.22 GAL. 7.144, al. ecc.
ἐποχή (-ῆς, ἡ):
[ἐπέχω]
fermata, arresto, cessazione POL. 38.11.2, al. PLUT. Profect. 76d ecc. ‖ sospensione, interruzione PLUT. Fac. lun. 923b ecc. ‖ filos. sospensione di giudizio CHRYSIP. 2.39.3 (PLUT. Stoic. rep. 1035f) ARR. EpictD. 1.4.11 ecc. ‖ med. ritenzione GAL. 8.420 ecc. ‖ interruzione: ἐμμήνων delle mestruazioni SOR. 3.6.1 ‖ astr. posizione relativa, di astri PLUT. Rom. 12.6 (in oroscopo) NICOM2. Harm. 3 (nell’orbita di pianeti) PTOL4. Alm. 7.4, al. ecc. ‖ punto fisso (per computo cronologico) PTOL4. Alm. 3.9, al.
Ma come? Il dolore (Der Schmerz) è quindi il privilegio (das Vorrecht) delle nature viventi? Privilegio? Quale onore! Le nature viventi in sich die Negativität ihrer selbst sind (?) – sono in se stesse la Negatività di loro stesse (?). Orrore! Tre volte Orrore! Forza infinita? Il Sentimento di questa Contraddizione, das Gefühl dieses Widerspruch, dovrebbe essere il dolore? No! Tre volte No! – disse il Profeta della Desistenza. Così parlò Dexistens.