TECNICA NON È TECNOLOGIA

Nel tempo della totale, apparente immanenza, l’heideggeriana questione della tecnica rimane una faccenda ineludibile.
Che cos’è la tecnica nell’era della digitalizzazione smodata, del tracciamento ossessivo e distopico, del tempo reale e della comunicazione simultanea? Invero non è cambiato alcunché, la tecnica (téchne) è quello che è sempre stata, l’insieme delle norme e delle pratiche attraverso le quali, per usare un’esaustiva concezione di Arnold Gehlen, l’essere umano intensifica o surroga talune facoltà altrimenti insufficienti. Nel primo caso, per esempio, un martello occorre per incrementare la forza dei muscoli; nel secondo caso, l’aeroplano è indispensabile per ovviare a una mancanza fisiologica.
Fintanto che la tecnica, prometeica per quintessenza, rimane in quest’ordine di cose nulla da aggiungere. L’essere umano interagisce con il mondo esterno e, poiché la finitudine mortale del corpo costringe a un rapporto con il mondo stesso mediato dalla materia, la tecnica (téchne) è un coefficiente naturale e antico quanto l’uomo.
Quello che invece è un prodotto della modernità, e che si presenta surrettiziamente come tecnica (téchne) senza esserlo, è piuttosto il suo contrario allo specchio, immagine illusoria e fuorviante: la tecnologia, téchne e loghia, dove lògos è da intendersi non già come discorso, quanto piuttosto come pensiero, parola o ragione. Laddove la tecnica sfugge dalle mani, dalla mente e dal cuore dell’uomo, unico ente a immagine e somiglianza del Verbo (lògos, appunto), essa diventa al contrario indipendente e anarchica, come nella più iconica versione dell’apprendista stregone.
Il lògos della tecnica diviene pertanto la ragione della tecnica; le categorie di esatto e incontrovertibile rimpiazzano quelle di giusto e vero, intese queste ultime in tutta la loro accezione storica e spirituale. L’uomo tecnologico diventa oggetto fra gli oggetti che può soltanto obbedire a una verità fuori di lui, imposta e asettica e strumentale, abdicando alle forze della mente e dell’anima, che pure finiscono per diventare anacronismi puerili.
Lungi da essere complementari, la tecnologia è la distorsione della tecnica, rappresenta il suo volto più insidioso e, in un certo senso, il suo lato diabolico. Poiché non costituisce la sua evoluzione, piuttosto determina l’estromissione dell’uomo o, per citare l’omonimo scritto di Günther Anders, lo rende antiquato. È l’uomo a dover disporre del lògos per addomesticare pratiche e apparecchi affinché essi non deturpino lo spirito; la tecnologia opera invece in senso contrario, adulterando la verità a proprio vantaggio, perché sua è ormai la ragione.
Nel tempo della totale, apparente immanenza si scorge piuttosto un’altra realtà, più sommessa ma eterna: che tutto è spirito e trascendenza e che l’essere umano, in ultima analisi, è entrambe queste cose.
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