DIALOGO FRA LUI (VIVO) E LEI (MORTA)
LUI: Dove sei, piccola?
LEI: Dove non sei tu.
LUI: Ma allora sei da qualche parte?
LEI: In parte.
LUI: Hai parte nell’essere?
LEI: In parte.
LUI: Cosa vuol dire, “in parte”?
LEI: L’essere non è parte di me, ma io sono parte di Lui.
LUI: Allora sei da qualche parte.
LEI: Sì, in qualche parte.
LUI: Vuoi dire in qualche misura?
LEI: È smisurato, l’essere.
LUI: Quindi non si può, scampare all’essere?
LEI: Se si vuole, sì.
LUI: Cioè, vuoi dire che chi lo vuole, dopo la morte può non essere?
LEI: Sì.
LUI: Tu, quindi, sei perché hai voluto essere?
LEI: Sì.
LUI: Perché hai voluto essere?
LEI: Perché sono stata bene, in vita.
LUI: Vuoi dire che chi sta bene in vita vivrà per sempre?
LEI: Sì.
LUI: E colui per il quale la vita è male?
LEI: Per costui è bene non essere.
LUI: Bene è dunque essere se si vuole e male essere se non si vuole?
LEI: Il desiderio è θυμός, pulsione di vita.
LUI: E il non desiderio?
LEI: Il non desiderio è noluntas: pulsione di morte.
LUI: La dicotomia freudiana di ἡ φιλία e τὸ νεῖκος?
LEI: La dicotomia empedoclea di amore e odio. Come dice Empedocle, «che l’universo è ora in moto ora di nuovo in quiete: in moto quando l’Amicizia dalle cose molteplici forma l’uno o quando la Contesa dall’uno forma le cose molteplici, in quiete nei periodi di tempo intermedi».
LUI: Come dice Aristotele nella Fisica quando parla appunto di Empedcle! Ma come fai a sapere tutte queste cose?
LEI: L’essere è internetwork, è sapere in rete ontologica.
LUI: Senti, tu dici che chi prova τὸ νεῖκος dopo la morte non sarà più? Sei sicura?
LEI: Sì.
LUI: Ma come fai a dirlo, se tu sei? Come fai a vedere chi non c’è, se tu sei? se tu sei nell’essere?
LEI: Noi che siamo, vediamo il non essere appunto perché siamo.
LUI: Ma, allora, conseguentemente, chi non è dovrebbe vedere l’essere proprio in quanto non è!
LEI: Vedere non è essere, e non vedere non è non essere.
LUI: Tu quindi, che sei, non vedi? Se hai appena detto che vedi il non essere in quanto sei!
LEI: Non può capirlo, uno che vive ancora nell’esserci; ma, se proprio vuoi, te lo dico così: io, che sono, mi vedo essere e perciò vedo anche che non sono nonessere. Sum, ergo non sum non esse.
LUI: Tu allora vedi chi dice Non sum, ergo sum non esse?
LEI: Io lo vedo perché non lo vedo.
LUI: ?
LEI: Sta’ tranquillo, se ami τὸ νεῖκος tu non sarai in eterno.
LUI: Ma non sarò avendo coscienza di essere oppure non sarò e nemmeno ne avrò coscienza?
LEI: Solo chi è ha coscienza.
LUI: Il nonessere è dunque incoscienza?
LEI: Il non essere è non essere, in coscienza.
LUI: Ma cosa intendi tu, adesso, per coscienza? Consapevolezza di un valore morale, o consapevolezza che un essere ha di essere?
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