GENTILE O SEVERINO, CHI È IL NICHILISTA?

L’articolo di seguito ripropone i contenuti dell’incontro tenutosi al Liceo Classico “V. Alfieri” il 12 Febbraio 2020 (ultima lezione del Caffè Filosofico tenuto da S. Vaccaro, LINK>>>), specificatamente l’intervento conclusivo di eddymanciox.
Tutto si risolve e si dissolve nel nichilismo della tecnica…?
Chiede, citando Biagio de Giovanni, eddymanciox a Bellè in chiusura del suo intervento. L’intrascendibilità della dimensione presente, il tramonto dell’Altro che paga il fio all’intransigenza della Tecnica è la realizzazione del Nichilismo?
Il velamento che pone la zona d’ombra di cui l’umano è essenzialmente composto suscita la skepsis (dubbio, ricerca). Ed è riconosciuta quella come tale che il Pensiero si mostra per ciò che è: impietoso quanto spietato.
Gentile o Severino, chi è il Nichilista? Tra Storia e Verità con Biagio de Giovanni
– Introduzione
La riflessione muove dagli spunti forniti da Biagio de Giovanni, politico e filosofo (di stampo, teoretico, gentiliano), sul pensiero di Severino nel suo inevitabile dialogo con quello di Gentile. Difatti, seppur all’opposto, le filosofie, dell’Essere Eterno dell’uno e del perpetuo libero divenire dell’Atto puro dell’Intelletto dell’altro, si trovano necessariamente in confronto. E, se per Severino il pensiero di Gentile nell’affermare l’assolutezza del divenire sanciva l’inesorabile distruzione di ogni immutabile, facendosi definitivo garante del nichilismo, per Biagio de Giovanni, invece, la Verità dell’Essere parmenideo mortifica ogni fare umano e rende alienazione l’intera vicenda storica. E questo sarebbe il nichilismo!
Il punto focale è la questione della tecnica, vista in ottica severiniana come erede della tradizione teologica occidentale e che trova nella filosofia di Gentile la più rigorosa formulazione, tale da costituirne l’essenza.
Infatti, se Massimo Cacciari afferma che il Novecento filosofico è stato la lotta tra Heidegger e Severino, il Doctor Implacabilis sentenziava: “Gentile è più grande di Heidegger“. Egli completò l’opera di distruzione degli immutabili della tradizione già ben avviata con Leopardi e Nietzsche (pensatori che sono penetrati nel sottosuolo della civiltà occidentale) e la sua filosofia fu radicale esclusione di ogni possibilità di trascendenza.
– Due modelli “semplici”
Entrambi i pensieri, sistematici e totalizzanti, tagliano la testa al toro escludendo le problematicità irrisolvibili innalzate dal pensiero componendo presupposti incompatibili che tali non possono che rimanere. La realtà, quale che sia, ha da essere Una e ogni monismo esige il sacrificio, della trascendenza come della realtà delle coscienze singolari/plurali.
Scansata così ogni interferenza antropologica (per dirla con Gennaro Sasso), nonché quella di dimensioni Altre, si può procedere con la filosofia, ossia con l’immanentismo e il panteismo.
1) Da un lato: Gentile avanza spedito eliminando il presupposto realistico-naturalistico, il quale concepisce la realtà come esterna al pensiero (ammissione ingiustificata e assurda). Ma appunto quella è solo presunta e, in realtà, fatta solo dal Pensiero. Quello è l’unica realtà. Se un qualche pensiero dubita di ciò è perché tale pensiero, inconsapevole di sé, non essendo Io assoluto in atto è, invece, un fatto, oggetto di coscienza e non coscienza. Lo stesso è da dirsi di ogni pensiero che tenti di affermare altro. Tutto, tuttavia, è contenuto dentro lo sguardo dell’Io, atto intrascendibile del Mio (dell’Io) attuale pensare.
2) Dall’altro: Severino si fa forte di una logica arcaica (sempre che altre ve ne siano di logiche) e, dicendo che “Essere è”, testimonia dell’inesistenza del mutamento, del fatto che ogni cosa sia identica a sé stessa e della follia estrema di tutti coloro che, eventualmente, provino a dire qualcosa di diverso da ciò. La Verità non ammette che qualcosa accada, cambi, nasca o muoia: e difatti di cose del genere nemmeno si fa esperienza.
I due modelli sono evidentemente all’opposto: l’uno tutela il fare e dunque la Tecnica (e la storia) e ne fa il principio come il fine di quello che, a quel punto, si costituisce come Soggetto; l’altro tutela la Verità, che per essere tale dev’essere uguale a sé stessa e dunque eterna e in ogni cosa, che, non-eterna, sarebbe altrimenti Errore.
La nevrosi del super-controllo contro l’ebbrezza della psicosi fatalista. Tali teorie si presentano come lucido compimento/semplificazione della filosofia, che mira all’Unità. Recuperando di fatto i pensieri, qui intesi in senso lato, di Eraclito e Parmenide, nolente il primo (Gentile-Eraclito) e volente l’altro (Parmenide-Severino).
Un unico flusso si auto regola nell’eteronomia del panta rei di Gentile, a proprio piacimento, plasmando forme sempre effimere e mai immutabili e vincolanti.
Proprio a questa “flagrante contraddizione” conseguono le perplessità di Ugo Spirito e il suo problematicismo, per il quale non si può presentare l’impermanenza della forma come soluzione, siccome quella costituiva il problema.
Problema che si incarica di affrontare la Filosofia di Severino, scansandolo metafisicamente, ossia neutralizzandolo quale inesistente. Poiché la sparizione dell’apparizione non è attestata dall’esperienza, non è necessaria una dialettica tra quella e il principio di Parmenide (ossia l’autentico principio di non contraddizione). Può così essere ri-conosciuto l’eterno che appare, in quell’esperienza che è salda episteme del Destino. In esso gli errori sono i discorsi che tentano di negarLo, che comunque vi sono, necessariamente.
E un errore detta la storia dell’Occidente.
– La Tecnica
Severino come detto riconosce massima contraddittorietà al pensiero di Gentile, ma lo salva nelle proprie narrazioni. Poiché quello si costituisce come essenza della Tecnica.
Gentile difatti, similmente a Hegel, reputa che “il divenire st[i]a in un moto in cui Essere e Nulla sono stati assorbiti” e che sia “la mediazione orginaria del mondo” (B. de Giovanni su Hegel). In questa prospettiva l’Io assoluto si fa autore di ogni forma che appare nelle anime umane, Potenza che rimane celata dietro l’attualità di quelle, nel dietro le quinte dei fenomeni.
La Tecnica guidata dalla scienza moderna riceve così in dote dalla filosofia degli ultimi due secoli, in particolare appunto da quella di Gentile, definitiva legittimazione. In virtù della certificazione dell’impossibilità di ogni verità statica, di ogni immutabile.
L’Atto, per Gentile, è il divenire stesso, che può essere tale solo in quanto è il divenire dell’esperienza, ossia della realtà pensata […] che è continuamente superata e annientata dal prodursi di nuove realtà, di nuove verità. Autocreazione della realtà. [1]
Questo pensiero che è volontà creatrice pone nella Tecnica un oggetto, un pensato, che, differentemente dagli altri oggetti che tentano di resistere al divenire, è Oggetto. Ossia
“non si oppone alla Volontà dell’Atto di superare ogni oggetto e ogni limite, ma è a sua volta la volontà di aumentare all’infinito la potenza esistente” [2]
L’attualismo che si fonda sulla fede nel divenire mostra l’impossibilità di ogni limite assoluto alla Volontà creatrice e con ciò rende potente la Tecnica. Quella, l’operatività, è Oggetto prediletto del Soggetto poiché è conforme alla Potenza.
Ecco come si fa largo nel pensiero di Severino l’idea di Tecnica il cui scopo è la volontà di incrementare indefinitamente la capacità di realizzare scopi. E alla Tecnica tutte le forze, dell’Occidente e non solo, devono rivolgersi per inseguire i loro di scopi. Politica, Capitalismo, Cristianesimo, Islam, Nazionalismi, hanno intenti escludentesi gli uni con gli altri e con ciò si pongono in conflitto. Tuttavia, nel servirsene, finiscono tutti a nutrire la Tecnica, che è destinata a fagocitare i contendenti.
“Viviamo l’età della Tecnica, […] un’età nella quale la Tecnica non è più strumento ma è fine, […] il fine di tutte le potenze”
dice Biagio De Giovanni, parafrasando Severino. In realtà l’età della Tecnica per il filosofo bresciano è solo agli albori, ma avverrà. E come si può facilmente derivare da questa prospettiva porterà la risoluzione dei contrasti tra le varie forze della tradizione. Prima o poi vi sarà un paradiso tecnologico. In esso l’uomo avrà tutto ciò che potrà desiderare, meno una cosa. Il sacrificio compiuto per rendere reale la poiesis evoca la suprema paura.
La sostituzione della Verità immutabile con la Volontà di dominio reca con sé la possibilità di perdere la propria posizione. Incombe “l’abisso del Nulla che l’energheia si lascia dietro” (B. De Giovanni sull’inattualità).
P.S. – La questione della salvezza
Tale questione non faceva parte del discorso, ma è stato il Prof. Roberto Gatti a farsi delle domande. Conformemente ai propri interessi Gatti considera la filosofia come ricerca, la quale ha come oggetto, se deve averne uno principe (dopo la ricerca stessa), la salvezza, cui egli anela.
Anche ogni volontà salvifica è […] una forma nascosta di violenza – come ogni volontà “creatrice”. Nessun creatore e nessun salvatore ci può salvare. Ma non perché la salvezza debba essere cercata altrove, ma perché il concetto stesso di salvezza […] è nella sua stessa essenza violenza, cioè volontà di trasformare il mondo, e quindi volontà che vuole l’impossibile.
Potrebbe rispondere Severino (dalla quarta di copertina di Oltre il linguaggio). Tuttavia anch’egli sembra riporre una certezza – che non si dica speranza o fiducia – tanto in una dimensione quanto in un futuro diversi. Anche De Giovanni lo incalza:
La tecnica è l’ultima stazione del calvario dell’umanità, prima della Gioia?
Severino profeta in effetti un tempo o un posto, la Gioia, che pare travestirsi di salvezza. Il toglimento di ogni contraddizione, che vi sarebbe secondo il Doctor Implacabilis fuori dell’anima umana così come nella filosofia futura, nell’avvento della Terra che salva, non è a un solo passo quando si è giunti allo stadio del nichilismo della Tecnica? Gentile ha distrutto concettualmente, di diritto, l’idea di immutabilità, ha fatto della Poiesis il Dio. Se questo è il dio falso per eccellenza, nella sua estrema coerenza, è lui ciò che anticipa l’apparizione della Gioia. Ma tutte le singole determinazioni che sono modi irripetibili di esistenza, eterni, non sono gioiose?
Integra con video sul tema: B. De Giovanni su Rai Cultura, La Struttura originaria di Emanuele Severino (qui) e Eternità, potenza e tecnica (qui). E. Severino, con un discorso sul tramonto delle forze tradizionali dell’Occidente su UltimoFilosofo, qui.
[1] [Severino, Sul Divenire, Dialogo con Biagio De Giovanni, p. 12, Mucchi editore]
[2] [Ivi. p. 13]
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