I – LE ORIGINI ART DECÒ DELL’ATELIER RAZIONALISTA
Nel 1930 la rivista Studio riporta l’articolo ‘The 1930 Look in British Decoration’, due pagine dedicate alle opere di mobilio e design di interni realizzate da Francis Bacon quando, proprio in quegli anni, condivideva l’atelier, di cui presente una fotografia d’insieme nell’articolo, con il collezionista Eric Alden[1]
Questo primo atelier di Bacon, un garage a South Kensington, Queensbury Mews West, è una sintesi del razionalismo Francese e Tedesco, cui il giovanissimo artista aveva guardato durante i suoi viaggi a Parigi e Berlino. Se si vuole continuare con la metodologia archeologica nell’analisi dei suoi atelier, ci si troverebbe di fronte a una visione ribaltata di ciò che ci si aspetta normalmente durante uno scavo: nell’unità stratigrafica più profonda, ovvero la più antica cronologicamente, non ci troviamo di fronte a rovine confusionarie e schiacciate, ma a un formalismo e razionalismo di una linearità a dir poco asettica. L’atelier, che è non qui unicamente luogo di creazione ma di esposizione del mobilio e delle opere, è caratterizzato da circa 10 oggetti, distribuiti nello spazio in modo intenzionalmente geometrico. Il tavolino tondo e gli sgabelli tubolari attraversano diagonalmente lo spazio, gli specchi sono equamente distribuiti lungo la parete, le opere pittoriche, il paravento e i tappeti dell’autore di derivazione cubista, a noi mai arrivate poiché distrutte dallo stesso, occupano un loro spazio che ne risalta la presenza. L’acciaio e il vetro si presentano come materiali dominanti, e l’intero sistema viene spezzato, o forse reso unico, dalla pelle in cavallino di una sedia e da uno sgabello in legno curvato. Un piccolo mausoleo di Art Decò più che un vero e proprio atelier, sicuramente distante da ciò che Francis Bacon ci ha abituati a conoscere come suoi studi. L’accumulo di materiale di ricerca, i volumi di testo, i ritagli di giornale, gli stessi materiali per la lavorazione delle opere, non appaiono, la fotografia della rivista Studio ci pone di fronte a una mini esposizione dell’artista, non a un processo creativo.
Di questo atelier sembra non rimanere traccia nel futuro pittorico dell’artista, le opere vennero distrutte, eccetto Painting, rappresentativa dell’altra faccia delle influenze giovanili di Bacon, il surrealismo. Ciò che permarrà in tutti gli atelier futuri, come un monito alle origini, un filo conduttore nel processo di creazione caotica che da lì a pochi anni invaderà il privato dell’artista, è lo specchio circolare, simbolo del doppio, un punto luce costante in cui riflettersi tra lo scorrere del tempo e l’aumento della fama.
Di lì a poco Francis Bacon abbandona lo studio di Queensbury e il design di interni primo vero maestro dell’artista irlandese. L’atelier, situato a Ebury Street, era ancora simile alla prima esperienza di Bacon: una stanza bianca con il mobilio ridotto al minimo, in cui il processo creativo era visto come un momento sacrale, da non interrompere per nessun motivo al mondo, a costo di ‘sbattere la porta in faccia ai visitatori’. Il 1933 è anche l’anno della creazione di Crucifixion, prima pietra pittorica di Bacon da cui deriverà gran parte dell’evoluzione dell’artista che però non riscontra il successo pubblico auspicato e che non gli consentirà ancora per molti anni l’ingresso alle mostre surrealiste ufficiali. Prima di arrivarci Bacon dovrà affrontare la morte del padre e il trasferimento in ben due nuovi atelier[2].
[1] Marco Meneguzzo, Bacon, Art Dossier, p. 8, art. n. 247.
[2] Paolo Meneguzzo, Bacon, p. 9.
@ILLUS. by PATRICIA MCBEAL, 2022
FRANCIS BACON E I SUOI ATELIER(S)
@GRAPHICS by PMB, 2022