SUPERARE GLI INSULTI SENZA CONTRORIBATTERE, O LA FORZA DELL’INTERIORITÀ

Gli insulti, l’odio, il disprezzo, in breve il giudizio che gli altri si fanno riguardo a noi, sono forme di tormento che provocano la sofferenza umana. Di fronte all’immagine che gli altri si fanno di lui, l’uomo si sente disarmato, triste e talvolta in lacrime, giungendo fino al punto di odiare se stesso, di insultarsi, di disprezzarsi e a detestarsi per quello che gli altri detestano. Tuttavia, nella Costanza del saggio, Seneca afferma che:
La libertà consiste nel porre la nostra anima al di sopra delle offese, a farsi tale che le ragioni per essere felici vengano da sé sole, ad allontanare da sé le cose esteriori per non finire a passare la vita inquieta di un uomo che teme le risate e le lingue di tutto il mondo
Pertanto, dobbiamo preoccuparci di ciò che gli altri pensano di noi, oppure non considerare minimamente i giudizi esteriori per raggiungere la libertà e la felicità? Seguendo Seneca, è necessario sostenere che la vera libertà umana consiste nel non angustiarsi più per i giudizi altrui e nel rendersi maestro di se stesso, allontanando gli altri che ci alienano. La libertà umana è il non preoccuparsi di ciò che non dipende da noi, con riferimento ad una distinzione presente nel Manuale di Epitteto. Detto diversamente, la libertà è un’acquiescenza interiore che non deve mai preoccuparsi dell’esteriorità, di ciò che gli altri pensano di noi.
Leggendo Seneca ed Epitteto, ci rendiamo conto infine di quanto forse sia irragionevole voler trovare la felicità nell’esteriorità, nel giudizio degli altri che non dipende da noi e, di conseguenza, che è necessario essere impassibili di fronte a lui e all’alienazione che genera. Si comprende allora come la ricerca della felicità nell’esteriorità costituisce una passione nefasta; coloro che pensano il contrario si ingannano e segnano la via verso l’infelicità. In effetti, è impossibile poter controllare ciò che gli altri pensano di noi, per la semplice ragione che si tratta dello sguardo altrui e non del nostro. L’altro non è noi, e non lo sarà mail, ci piaccia o meno. Non è necessario combattere contro di lui; è necessario concentrarsi sulla propria saggezza, «coltivare il proprio giardino», secondo l’espressione di Voltaire nel Candide.
Per esempio, Socrate è stato deriso e insultato dai suoi contemporanei. Tuttavia è stato capace di porsi al di sopra della folla che voleva influenzare la considerazione che egli aveva di se stesso. Nell’Apologia di Socrate, Platone gli fa dire così:
Quanto a me, ascoltandoli, quasi io stesso ho dimenticato chi io sia, tanto i loro discorsi erano persuasivi
Ma la posta in gioco risiede in quel “quasi”. Difatti, Socrate ha saputo resistere all’influenza della folla riguardo al giudizio che aveva di sé. È proprio grazie a questo strappo salvifico dall’opinione altrui, dalle ingiurie proferite a suo riguardo che gli instillavano il dubbio che pervertisse i giovani e che fosse nell’errore, che Socrate si è reso libero.
La felicità, dunque, non è da cercare nelle cose che non dipendono da noi, nell’esteriorità come, per esempio, nella buona reputazione. Detto altrimenti, il fatto di pensare che i beni esteriori ci conducano alla felicità è, in realtà, un errore rappresentativo. Le felicità non può provenire che dalla nostra interiorità, e mai dall’esteriorità. In Illusioni perdute, Balzac ripercorre le vicende di un uomo che pensa di trovare la felicità nei beni esteriori, nella notorietà, nel successo, nell’amore di persone importanti, in risposta all’esser stato disprezzato in passato a causa della sua condizione sociale sfavorevole. Tuttavia, si rende conto dei vizi umani, e si trova sprofondato in una profonda disillusione sulla felicità che avrebbero potuto procurargli gli altri, spesso ingannato da tradimenti, insulti nonché sberleffi. La sua ascesa sociale non è di conseguenza ciò che gli procura il bene supremo che è la felicità: non è così che l’uomo può raggiungere l’atarassia, lo stato di tranquillità dell’animo cui mirano gli stoici. Così, la libertà è praticare la saggezza, nella propria interiorità, quotidianamente e farne un ethos, una natura profonda che assicuri la promessa di felicità possibile divenendo saggi. Ma è necessario anche comprendere che la felicità richiede uno sforzo da parte di chi vuole progredire per questa strada: un cambiamento radicale del modo in cui si desidera condurre la propria vita. L’autentica libertà consiste nel volere che le cose «accadano esattamente come accadono», compreso pure l’odio altrui, come afferma Diogene Laerzio nel suo Vita e dottrine degli stoici nel definire la virtù dell’imperturbabilità del saggio.
Amor fati, amore degli insulti, essere in cammino verso la saggezza: così anche noi dobbiamo seguire la dottrina stoica e non affliggerci più per dei pensieri orientati all’esteriorità che distruggono la nostra esistenza e rendono impossibile la felicità.
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