IL FILOSOFO (S)COORDINATO (I PARTE): ANIMA

Nel libro A Mind of its Own (il cui sottotitolo è divenuto, con un pizzico di malizia commerciale, il titolo della traduzione italiana, che si focalizza sull’accentratore catartico di sguardi e pruriginosità varie, Storia del pene), pubblicato sapientemente agli albori del XXI secolo, l’evocazione di un problema più che millenario si fa patente. E lo diventa proprio perché intercetta una quotidianità incrociandola con una universalità trasversale: la condensazione in un punto fisso e riconoscibile, una fissazione su di una crepa che fa sgretolare gli edifici più solidi. Chi comanda allora? Per sostituzione, il pene ruba la scena delle pulsioni e della libido ovvero le più filosoficamente note passioni (e non solo dell’anima); ma è solamente una figura retorica, la parte che sta per il tutto, a esaurire quel tutto di cui è parte. A restare, la domanda: chi comanda? E la sua conseguente complementare: come individuare chi comanda?
Per confermare la titolarità del titolo dell’edizione originale (e per un primo (s)coordinamento dalla titolarità del titolo italiano), almeno come precisazione di una questione da questionare, interroghiamo un altro titolo, di un altro libro, scritto in altro contesto: Who’s in charge? (e la cui traduzione italiana mantiene la titolarità del titolo, non fosse anche perché interrogativo: Chi comanda?, Codice Edizione, 2013). I due libri, se letti nell’ordine qui presentato possono essere tanto un abbozzo di inferenza epistemica: se A mind of its own, dunque Who’s in charge?, quanto una risposta incrociata ad una domanda reciproca: Who’s in charge? A mind of its own. In entrambe le letture, quello che resta è capire chi o cosa sia questo mind-of-its-own (per quanto il Who della domanda/inferenza possa andare di certo in una direzione, storicamente formulata nell’immagine dell’homunculus che abita la scatola cranica;) e chi o cosa (perché l’ipotesi fantasiosa dell’omino in miniatura è stata da tempo dimostrata fantasiosa; per quanto con tale termine si intenda ancora oggi una mappatura parziale della materia cerebrale deputata alla rappresentazione sensoriale e motoria) è allora chi-è-al-comando?.
I progressi che hanno permesso una concettualizzazione di queste tematiche sono stati due: la funzione e il funzionamento (e il terzo, il passaggio dalla prima al secondo).
La funzione è stata teorizzata già da Kant per il quale l’Ich Denke, l’Io Penso, è il punto sintetico di aggregazione delle esperienze, che diventano tali solo nella retroazione della funzione che sintetizza a priori il molteplice del dato sensibile. L’Io Penso è la facoltà di giudizio, della predicazione dell’essere-collegato che come tale è deduttivamente e in quanto tale, pertanto, non può che arrivare a destinazione. Per questo si è potuto accostare Sade a Kant (come ha fatto Lacan): un Dovere morale che ha la sintesi a priori come caposaldo non può sopportare patologia di sorta. Who’s in charge? A mind of its own, che è la funzione trascendentale dell’Ich Denke.
Di funzionamento, invece, si deve parlare se ci si sofferma a riflettere sui significati delle ricerche scientifico-sperimentali sulla natura e sulle connessioni neurali. Qui rientriamo nel campo di quello spettro riduzionistico che porta alla riduzione fisiologica del complesso organico (organismo come complessificazione di elementi elementari) alle sue componenti semplici, incomposte e incomplesse. Questa decomplessificazione cerca di individuare dei pattern specifici di attivazione neuronale che possano rendere ragione dei processi in corso. Dalla funzione al funzionamento, Who’s in charge ottiene sempre più come risposta l’A mind of its own.
Il passaggio tra il kantiano funzionalismo e lo scientifico funzionamento studiato con particolare attenzione dalla neuroscienza, ha potuto trovare terreno fertile in quel sostrato psicofisiologico che ha pensato e ipotizzato una perfetta corrispondenza tra funzione e ciò che è stato generato dalla funzione grazie ad un funzionamento generale sempre più calcolabile e predittibile: ed è all’interno di questa griglia di valutazione che, con i dovuti aggiornamenti tecnologici e concettuali, si sono inserite le domande eterne che coinvolgono il rapporto tra Anima e Corpo.
Ma sono proprio queste coordinate che il filosofo (s)coordinato prova a (s)coordinare! Non si tratta di negare, né di rifiutare, ma di rielaborare: funzione e funzionamento non possono mai essere totalmente accantonate. Ne andrebbe della titolarità delle risposte alle domande pienamente titolate dai loro titoli. La domanda sull’Anima è la domanda sulla Libertà e la domanda sulla libertà è la domanda sulla sutura (che è poi la satura (J.-A. Miller), ovvero la suturizzazione del campo aperto come saturizzazione degli spazi aperti, dell’apertura).
L’ascisse e l’ordinata di funzione e funzionamento creano uno spazio, un campo di contatto e di incrocio, una griglia che costituisce un grafico e un grafico che individua una determinatezza: una questione di calcolabilità, una divisibilità senza resto, senza eccedenza. Eppure, nel campo il contatto è solamente dell’estremo, solamente la calcolabilità dell’estremizzazione e l’estremizzazione della calcolabilità: il grafico perimetra un’area, una superficie; il punto d’incontro delle coordinate individua l’individuabile estremo, l’1 e il 2 e il 3 e l’n+1 (Wittgenstein riletto da Cimatti). Tra l’1 e il 2 resta campo aperto; resta aperto il campo che lascia penetrare la domanda Who’s in charge? E la risposta A mind of its own (per altro perfettamente reversibili come notato in precedenza).
Che la libertà sia tutta una questione di microfisica (di microfisica della libertà parla Chiurazzi)? Che il microlivello aperto, indeterminabile, sia un richiamo ad una qualche acquisizione filosofica della quantistica (anche questo è stato detto e contestato; cfr. De Caro)? Che la domanda non entrando nel circolo del significante (non c’è Altro dell’Altro) e non potendo essere affermata e inchiodata neanche con le puntine da disegno in una immagine definitiva (sia essa funzione o funzionamento) ricada in un enigma insondabile? Che ci siano allora atti liberi perché C’è della Libertà? Che gli atti liberi siano punto di sosta di una Libertà che è l’Anima?
La risposta al problema libertà, però, non troverà mai soluzione nel problema libertà stesso: per pensare alla libertà si deve necessariamente (s)coordinarla dalle tematiche che interrogano la libertà in quanto problema solvibile monotematicamente: (s)coordinare la libertà allora da quel calcolo analitico del piano cartesiano per approdare ad uno (s)coordinamento di quelle sfere, di quelle idee della ragione la cui (s)coordinazione può gettare luce vicendevole è il compito del filosofo (s)coordinato: la Libertà è il cuore dell’Anima, del Mondo, di Dio.
A Mind of its Own. A Cultural History of the Penis, di David M. Friedman, Simon & Schuster, New York 2001 e tradotto in italiano da Pier Francesco Paolini, Storia del pene. Da Adamo al Viagra, Castelvecchi, Roma 2007.
Who’s in charge? Free Will and the Science of the Brain è il titolo del volume di Michael Gazzaniga, 2011 e tradotto in italiano Chi comanda? Scienza, mente e libero arbitrio, Codice, Torino, 2013.
Di Mario De Caro si rinvia a, Realtà, Bollati Boringhieri, Torino 2020.
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@ILLUS. by MAN OF PONG, 2021