NON SONO UMANA, MA UN ROBOT. E SONO REALE
Estratti di Davide Sisto, Virtual influencer. Il tempo delle vite digitali, © 2024 Giulio Einaudi editore s. p. a., Torino, pp. 3-8.
1. Lil Miquela: «Non sono un essere umano, ma sono una persona?»
Miquela Sousa, ventun anni, è una modella e influencer brasiliano-americana. Vive a Los Angeles, ama i viaggi, la moda e la musica pop (Rihanna, Drake, Thexx ecc.). Manifesta spesso la sua passione per George Michael, non immune dalla nostalgia collettiva per gli anni Ottanta. Usa più social network, come la maggior parte delle sue coetanee. Instagram, TikTok, Twitch e YouTube. Non certo Facebook, oramai luogo di ritrovo obbligato per chi ventun anni li ha compiuti quando Kurt Cobain metteva ancora a ferro e fuoco i palchi di tutto il mondo. Nello specifico, ha aperto il suo primo profilo personale su Instagram in data 23 aprile 2016 usando lo pseudonimo Lil Miquela. Le location chic scelte con dovizia per i suoi numerosi selfie, spesso insieme al compagno, la rendono all’istante molto popolare.
Non si accontenta, tuttavia, di mostrare un’immagine di sé soltanto glamour, sfoggiando un abbigliamento streetwear alla moda. Rivela anche e soprattutto un rimarchevole impegno politico: sotto il suo username campeggia trionfante l’hashtag #BlackLivesMatter. Molteplici sono poi le manifestazioni pubbliche a favore della comunità Lgbtq+ e in difesa dei diritti dei sioux contro l’oleodotto in North Dakota. Si fa, inoltre, promotrice di svariate campagne di crowdfunding e ama condividere sui social la fotografia di Martin Luther King nell’anniversario del compleanno. Moda e impegno politico, tuttavia, ancora non esauriscono le sue velleità. Lil Miquela si cimenta anche con la musica. Le canzoni pop a cui dà vita godono di milioni di visualizzazioni su YouTube, in virtú di videoclip sapientemente costruiti, e sono tra le piú ascoltate su Spotify.
Ma chi è davvero Lil Miquela? Il perfetto sodalizio tra Billie Eilish e Chiara Ferragni per la Gen Z? Oppure c’è qualcosa che non torna? I quotidiani internazionali non si esimono dall’esprimere dubbi. La donna è, infatti, restia a mostrarsi in pubblico e rifiuta le interviste. Il 9 gennaio 2017 il quotidiano «la Repubblica» dedica un lungo articolo al mistero di Lil Miquela, firmato da Benedetta Perilli e intitolato Chi è Miquela Sousa? Il mistero della ragazza di Instagram. L’articolo indugia su alcune caratteristiche estetiche apparentemente anomale. Vero che la frangetta postadolescenziale, lo smalto griffato sulle unghie delle mani e il piccolo diastema tra i denti paiono reali. Non passano, tuttavia, inosservate le lentiggini in numero eccessivo, gli occhi esageratamente grandi, la pelle di plastica, le labbra e il naso così perfetti da sembrare disegnati. «Hai un corpo normale, ma il viso di un Sims», ripetono con malizia gli utenti Instagram nei commenti, menzionando un noto videogioco.
Il mistero si svela in modo definitivo solo un anno più tardi, vale a dire il 17 aprile 2018, con un colpo di scena degno di un episodio di Black Mirror, capolavoro distopico e futurista del catalogo Netflix. Per quarantotto ore il suo account Instagram è infatti hackerato da Bermuda, un’influencer americana dal carattere triviale, stereotipo vivente della cultura altright a stelle e a strisce e, ovviamente, sostenitrice di Donald Trump. L’esatto opposto di Miquela. Non è un caso che, tra i follower, si generi immediatamente una rumorosa diatriba di stampo politico. Bermuda sfida Miquela in maniera criptica: «Riavrai il tuo account solo se dirai la verità alle persone che ti seguono».
Superati i due giorni, la cantante influencer si riappropria del suo account e pubblica un post formato da sei immagini contenenti ciascuna un fitto testo scritto. Racconta che, per lei, quella appena passata è stata una settimana molto complicata. È giunto, pertanto, il momento di dire la verità ai suoi follower. Le mani le stanno tremando. Ha, infatti, scoperto un fatto sconcertante. I suoi manager le hanno da sempre mentito: lei non è un essere umano! Non esiste! Come non esistono la rivale Bermuda né le ambientazioni dei suoi selfie. Miquela non è altro, dunque, che il prodotto di un programma informatico elaborato da un uomo misterioso, di nome Daniel Cain, al fine di servirlo. «Su internet nessuno sa che sei un cane», recitava nel 1993 il testo della celeberrima vignetta di Peter Steiner. Pubblicata sul «New Yorker», raffigurava due cani intenti a guardarsi negli occhi, il primo seduto su una sedia e con una zampa sulla tastiera del computer, il secondo seduto accanto sul pavimento. Lil Miquela conferma a trent’anni di distanza la tesi di fondo della vignetta: non abbiamo mai certezza di chi si nasconde dietro le immagini e le narrazioni sui social, figuriamoci nell’epoca dell’intelligenza artificiale.
La modella confessa, quindi, ai suoi seguaci che è stata successivamente sottratta al suo inventore – insieme alla rivale Bermuda – dalla Brud Company, una startup di Los Angeles cofondata dall’imprenditrice Sara DeCou e dall’ingegnere informatico Trevor McFedries, conosciuto con lo pseudonimo Yung Skeeter nel mondo musicale dei dj. La Brud Company è un’azienda specializzata in robotica e in intelligenza artificiale, nonché dedita alle loro applicazioni nel mondo del media business. «Creiamo un modo completamente nuovo di raccontare le storie», spiegano con un certo autocompiacimento sulla sua pagina Instagram. Il “rapimento” di Miquela è finalizzato a riprogrammarla. Merita infatti la libertà di essere se stessa, come chiunque altro. Il suo viso non è che la composizione a tavolino di un’immagine verosimile, esito del paziente assemblaggio di singole caratteristiche estetiche tratte da milioni di selfie scattati dalle sue coetanee, loro sì in carne e ossa. Tuttavia, non manca qualche imperfezione, necessaria per farla sembrare – almeno un po’ – naturale.
Nell’epoca in cui app sempre piú sofisticate rendono indistinguibili i volti degli esseri umani da quelli degli automi, gli unici a porsi il problema di preservare un tocco di naturalezza sono paradossalmente proprio i robot. L’influencer, in termini filosofici, si domanda: «Non sono un essere umano e non esisto, ma sono ancora una persona?» Dice di piangere, ridere e sognare. È un robot, ma “si sente” in tutto e per tutto una persona, un individuo. La sua pelle conta diversi tatuaggi, opera di Dr. Woo, il celebre tatuatore delle star di Hollywood. Addirittura, ammette di provare il sentimento aulico dell’amore (ça va sans dire, nei confronti di un ragazzo-robot come lei). Sa che le sue emozioni sono solo il risultato di un programma informatico, ma, si chiede ancora con una certa enfasi, «c’è differenza se questi sentimenti sono reali o programmati da un computer?»
A distanza di sei anni dalla confessione, Lil Miquela si presenta oggi su Instagram esplicitamente come un robot di ventun anni che vive a Los Angeles. Ha perdonato la Brud Company, i cui responsabili sono immortalati insieme a lei in un’immagine condivisa sui social. Conta circa due milioni e mezzo di follower su Instagram, tra cui star del cinema internazionali del calibro di Millie Bobby Brown, la celeberrima Undici della serie tv Netflix Stranger Things. A questi se ne sommano altri tre milioni e mezzo su TikTok; su Spotify, invece, le sue canzoni hanno quasi centocinquantamila ascoltatori mensili. Cifre imponenti, che includono, in linea teorica e per paradosso, altre persone inesistenti come lei: i fake followers, cioè falsi profili automatici intenti ad aumentare il seguito di un profilo social, e gli amplification bots, il cui compito è condividere e commentare i post per aumentare la popolarità degli influencer[1].
Il 28 giugno 2018 il «Time» ha incluso Lil Miquela tra le venticinque persone più influenti su internet, insieme a Donald Trump, Rihanna, Kanye West. L’influencer virtuale fattura oltre diecimila dollari per ogni post su Instagram, appare costantemente sulle riviste di moda, è stata scelta da Prada per promuovere la sua nuova linea di Gif animate sempre su Instagram, è stata il volto della campagna #TeamGalaxy di Samsung nel 2019, anno in cui è anche ritratta in un video mentre bacia appassionatamente Bella Hadid per la campagna pubblicitaria I Speak My Truth in #MyCalvins di Calvin Klein. L’obiettivo di quest’ultima campagna, manco a dirlo, è quello di invitare ciascuno a essere se stesso e a preservare la propria libertà dal controllo altrui. Visivamente, lo spettatore distratto non coglie subito la differenza materiale tra Bella Hadid e Lil Miquela. «Sei umana?» è la domanda ricorrente sul suo profilo ufficiale di TikTok. «No, sono un robot» la sua risposta. «Sei reale?» «Sí.»
[1] Cfr. a questo proposito V. Bachini e M. Tesconi, Fake people. Storie di social bot e bugiardi digitali, Codice Edizioni, Torino 2020.
@ILLUS. tratta dall’account IG di LIL MIQUELA, 2024
VIRTUAL INFLUENCER