VERITÀ NON SERVE (Parte I) – CHE INTENDI?

Risposta a “Filosofia, non fideismo” (qui). Prima parte di tre in cui si cerca di fare più chiarezza.
SULL’APPARIZIONE
Continuo a ripetere che per “venirci incontro” dovremmo innanzitutto confrontarci su ciò che riteniamo sia l’evidenza immediata nell’esperienza. Hai molto insistito sull’eccezionalità della prospettiva parmenidea rispetto alla doxa stante a significare nel nostro discorso quel senso comune difficile, anzi impossibile, da collezionare sotto un segno, ma di cui ci siamo avvalsi quale “manichino”. Se non appunto della sua straordinarietà (del discorso parmenideo) non hai parlato, non portando alcuna critica.
Quindi devo constatare che non pensi che vi sia incompatibilità tra la tesi che propugna l’immutabilità di ogni cosa e ciò che nell’esperienza appare.
SULLA VERITÀ
In tutto il confronto, così che effettivamente lo fosse, sono sceso dal piedistallo della Verità e non ti ho detto che trovandoti a rimostrare contro di Ella non sei che un Suo aspetto, necessitato dal tuo stesso essere determinato. Se volessi davvero protestare contro Verità, ti costituiresti come “un’anticonformista dell’esistenza” (ossia della forma), come asserisce nella sua filosofia il Magister Cantino, e con ciò non brameresti altro che la non esistenza. Ciò di cui manchi e ciò che desideri.
Nondimeno appunto si è considerata la Verità come proposta, lasciando l’ulteriore passaggio che dimostrasse la necessità di quella proposta ad altri discorsi.
E dunque in tale prospettiva essa non poteva che partire dal presupposto, procedere nell’argomentazione mostrando la propria coerenza in tutti i punti che possono venire affrontati e ritornare sempre al presupposto. Sicché tutti gli aspetti del discorso così formatisi non fossero altro che implicazioni del presupposto.
Il passaggio ulteriore è dimostrare che il presupposto, in Realtà, non è presup-posto, ma il posto, la posizione, che, per esempio, quel discorso è, come tutto il resto.
In mancanza di contestazioni sia al presupposto sia alla necessità di assumerlo quale posto, il confronto si sposta sulla coerenza delle tue argomentazioni, rispetto a sé stesse e anche rispetto al dialogo con le mie con cui si trovano a figurare.
Su questo punto ribadisco che Verità (proposta) è l’essere sé di ciò che appare. Verità è Essere, è Sapere, poiché Essere è Sapere, è informazione. Ogni aspetto dell’Essere è scienza di sé quale posizione, quale sé stesso. Essere è proprietà ineliminabile della posizione, di ogni quiddità in sé stessa.
SUL VERO
Ho parlato di vero, quale discorso che difende Verità, a fronte del discorso, detto falso, che offende Verità. Entrambi i discorsi appaiono in Verità o perlomeno nell’apparizione.
Parliamo ora, piuttosto, del vero e come si possa intendere a prescindere dal discorso sulla Verità.
Un vero è un fatto, un dato, uno stato, una configurazione di significato di cui si è testimoni. (Lasciando da parte le discussioni che dibattono per stabilire se il vero sia o accada) Si testimonia del vero quando esso si verifica e appare. È questo il vero nel pensiero, nell’apparizione.
Nel linguaggio poi appaiono significanti, le parole, che indicano un fatto, tramite un significato. Il significato costituito dalle parole dev’essere innanzitutto coerente, tale da essere un significato; se il significato corrisponde al fatto che indica, l’asserto significante può essere detto vero. Se un asserto, comunque coerente, è riferito a un fatto non corrispondente a esso, questo è dicibile falso; la corrispondenza è falsa, non c’è.
Ergo il falso si dice del linguaggio o di qualche altra interpretazione o credenza di cui qui si tratta brevemente per non dare troppo corpo al discorso.
Nell’apparizione vi è solo vero, se appare qualcosa dicibile falso, esso lo è nel senso che è un vero (determinato) di cui qualcosa oltre la sua apparizione (determinazione) è creduto, ma non appare. (Un illusione appare ed è vera illusione, essa è falsa, ingannatrice, quando notata nella sua apparizione è creduta non essere illusione: dell’illusione vengono credute delle proprietà che non ha ma nemmeno mostra di avere).
La questione che sorge è quella che domanda circa un vero oltre all’apparizione. Solo in Verità ogni vero rimane vero; se fuori dell’apparizione si annienta non apparendo più, ogni vero è anche falso. È solo questione di tempo.
Appunto però a prescindere dal discorso su questa Verità, ti chiedo: tu che intendi per Verità? per vero? per falso?
@ILLUS. by MAGUDA FLAZZIDE, 2020