LE MIE RISPOSTE ALLE GRANDI DOMANDE (HAWKING)

Stephen Hawking si pone domande circa i massimi sistemi in questo libro di 10 capitoli.
1 Esiste un Dio?
2 Come è iniziato tutto?
3 Nell’universo ci sono altre forme di vita intelligenti?
4 Possiamo predire il futuro?
5 Cosa c’è dentro un buco nero?
6 È possibile viaggiare nel tempo?
7 Riusciremo a sopravvivere sulla Terra?
8 Dovremo colonizzare lo spazio?
9 L’intelligenza artificiale surclasserà la nostra?
10 Come possiamo plasmare il futuro?
Di alcuni di questi si tratta di seguito.
1 Esiste un Dio?
Anche “i forti e temprati” Vichinghi ricorrevano alla fede in esseri soprannaturali per spiegare fenomeni naturali… e così chi non si fida della scienza o non la capisce s’aggrappa alla religione. Tuttavia Hawking non ce l’ha con Dio, ma, dal canto suo “crede nella scienza” e “crede che il mondo sia governato da una serie di leggi immutabili”, a differenza di quelle fatte dagli uomini.
Dunque egli usa “il termine Dio in un senso impersonale, come faceva Einstein”. E così può coerentemente affermare l’identità tra la mente di Dio e le leggi di natura. Con fiducia di poterle determinare entro fine XXI secolo. Comunque “Dio non avrebbe alcuna libertà“, non potrebbe scavalcare le sue leggi (che poi coincidono con Esso).
Tuttavia l’universo pare sorto dal nulla e, forse, incausato. Secondo Hawking però l’assenza di un tempo prima dell’universo “esclude la possibilità stessa che un creatore ci sia stato”. Dio non avrebbe potuto plasmare il cosmo, senza tempo.
Che Dio non esista pare la spiegazione più semplice. Egli con tutto il suo apparato trascendente: “quando moriamo, torniamo a essere polvere”.
2 Come è iniziato tutto?
“Come possono le nostre menti finite comprendere l’universo infinito? […] ritengo che noi possiamo e dobbiamo provar[ci]”.
Da sempre l’umanità si chiede come e quando sia iniziato il cosmo. E si risponde come può: per esempio per i Bushongo in principio vi erano solo l’oscurità, l’acqua e il grande dio Bumba, il quale dopo un mal di pancia vomitò il Sole, che prosciugò parte dell’acqua, facendo comparire la terra. Per la Genesi il tempo iniziò alle sei di pomeriggio del 22 Ottobre 4004 a. C. (stando all’arcivescovo della Chiesa anglicana Ussher). Per Aristotele il cosmo esiste da sempre. Per Kant entrambe le proposte (che l’universo abbia avuto inizio o che non lo abbia avuto) costituiscono una contraddizione logica (antinomia).
Per Hawking invece l’universo è nato da solo. Diversamente da Herman Bondi, Thomas Gold e Fred Hoyle, che erano restii ad affermare che l’universo avesse avuto un inizio (teoria dello stato stazionario, 1948), egli insieme a Roger Penrose sostenne che in origine prima del big bang vi fosse un singolo punto dalla densità infinita dove l’intero cosmo si trovava compresso. Ciò invaliderebbe la teoria della relatività generale in quel punto e “una legge non può essere considerata tale se vale solo qualche volta”. Tuttavia in natura “sembra esserci un certo livello di casualità” (per la scontentezza di Einstein).
Il fatto è che dove l’universo è grande vi sono moltissime probabilità (“lanci di dadi”) e i risultati si livellano, apparendo ordinati, dove è molto piccolo, come in principio “i lanci sono pochi e il principio di indeterminazione [di Heisenberg] assume quindi una grande rilevanza”.
Comunque da queste probabilità si dipana non una sola vicenda: “l’idea [di Richard Feynman] secondo cui l’universo ha molteplici storie è oggi accettata come dato scientifico”. Calcolandone la probabilità sappiamo che la maggior parte collassano in breve o non vedono la comparsa di pianeti. Tuttavia sono importanti nella teoria di Hawking (e Jim Hartle) poiché è in questo bacino di “tempo immaginario” (definizione matematica in termini materiali delle tecniche di Feynman) che vanno a confluire tutte le variabili storie, in assenza di confini spazio-temporali.
Gli universi possibili sono innumerevoli, come predetto dalla teoria M (miglior candidata per l’unificazione di relatività generale e principio di indeterminazione), ma impossibile (probabilmente) esplorarli. Ci si dovrà accontentare di questo, che finirà non sappiamo se in un Big Crunch o raffrendandosi fino alla morte termica.
3 Nell’universo ci sono altre forme di vita intelligenti?
Un essere vivente ha: un insieme di istruzioni per conservarsi e riprodursi e un meccanismo in grado di eseguirle. Per esempio noi umani ne abbiamo “creato” uno: il virus informatico.
Nel sistema solare non ci sono pianeti simili alla Terra. (Su Marte o Encelado potrebbero esserci microrganismi, ma niente di interessante, cfr. A. Balbi, Dove sono tutti quanti?). Riguardo alle altre stelle, pensiamo che intorno a 1 su 5 possa esserci un pianeta che possa ospitare la vita. Questa ci ha messo poco a svilupparsi autonomamente sulla Terra (circa 500 milioni si anni dopo il suo raffreddamento), in un ambiente favorevole.
Il processo evolutivo è però lento: il DNA aggiunge informazione a velocità incommensurabilmente più contenuta di quanto facciano gli umani scrivendo libri. Ciò per Hawking è importante per determinare cosa si intenda per evoluzione e intelligenza. Ritiene infatti di assumere una prospettiva ampia e “includere nella razza umana, oltre al DNA, anche le informazioni veicolate per via esterna“; l’epigenesi è più incisiva della filogenesi.
Da ciò Hawking sviluppa un discorso in cui sostiene che: stiamo entrando in una fase di “evoluzione autoprogettata”, correggendo il DNA; nonostante la probabile promulgazione di leggi anti-ingegneria genetica, “qualche scienziato non saprà resistere alla tentazione […] e faranno la loro comparsa questi superumani” che surclasseranno gli umani non migliorati. Grazie a loro, i superumani, si ridurrà il “rischio di autodistruzione”. Forse non si potranno esplorare i pianeti fuori del sistema solare, perché viaggiando a velocità superiori di quelle della luce si andrebbe indietro nel tempo, con effetti non calcolabili, però si potranno progettare macchine in grado di replicarsi che verrebbero inviate nello spazio, a colonizzare vari pianeti. La forma di vita basata sul DNA verrebbe così rimpiazzata, come forse già essa ha “rimpiazzato una forma di vita precedente”.
Nondimeno queste macchine potrebbero finalmente cercare gli alieni, intelligenti. Se non è troppo improbabile che ve ne siano. Dopotutto “[n]on è neppure chiaro […] se l’intelligenza giochi davvero un qualche ruolo nella sopravvivenza a lungo termine”: batteri e virus sopravvivono a catastrofi causate dall’uomo come ai meteoriti; umani e dinosauri no.
4 Possiamo predire il futuro?
“Nell’antichità, il mondo doveva sembrare il regno dell’arbitrarietà” con disastri imprevedibili. Notando però una certa regolarità nel comportamento della natura si fece largo l’idea dell’obbedienza dei fenomeni a precise leggi scientifiche. Hawking cita dunque Simon de Laplace e il suo determinismo scientifico, per cui “lo stato dell’universo in un particolare istante determin[a] il suo stato in ogni altro momento”. In linea di principio. Tutt’altro paio di maniche è calcolare e dunque “prevedere”. Poi ci si mettono di mezzo la fisica quantistica di Max Planck, il principio di indeterminazione di Heisenberg e i buchi neri!
Dunque potremmo in linea di principio prevedere il futuro, ma i calcoli sono troppo difficoltosi.
10 Come possiamo plasmare il futuro?
L’ultima frase dell’ultimo capitolo recita: “[L]iberate la vostra immaginazione. Plasmate il futuro“. La speranza di Hawking è che spuntino nuovi Einstein, di cui “[u]n elemento chiave del modo di ragionare […] era l’immaginazione”. Egli infatti “[n]on si lasciava intimorire dal senso comune, dall’idea che la realtà dev’essere proprio come sembra”. E immaginava…
Ma cosa rimane da immaginare? Un’infinità di cose: il fatto che l’universo possa non avere “un contorno” ci legittima a pensare che anche l’avventura umana sia illimitata. Per cominciare comunque si potrebbero trovare “pianeti alternativi su cui vivere” e sviluppare al meglio “l’intelligenza artificiale”.
Hawking è evidentemente compiaciuto riguardo all’impatto della tecnologia sulla vita umana (ed è egli stesso una testimonianza dei benefici o rimedi che può apportare). Anche a proposito di Internet spende parole di fiducia (“ci connette tutti come i neuroni di un gigantesco cervello”).
La tecno-scienza offre dunque migliorie e opportunità. Per tale ragione “[i] giovani di oggi non possono non avere una cultura scientifica“, mentre ai suoi tempi “era ancora socialmente accettabile che qualcuno […] non nutrisse alcun interesse per la scienza”.
Molto resta da scoprire in quanto, come detto, molto resta da immaginare. Perché “[q]uesta non è la fine della storia, ma è solo il suo inizio”
Stephen Hawking, Le mie risposte alle grandi domande, Rizzoli – 2018. Pag. 199.
Commentario
Hawking mostra evidentemente, nel cap. 1, di avere una concezione deista del cosmo, appunto ordinato da un insieme di leggi impersonali che egli identifica con Dio. Tuttavia se ciò che è ordinato non coincide con l’ordinamento, si fa largo nel discorso un concetto di universo dualista in quanto etero-nomo. Più coerente sarebbe affermare l’auto-nomia dell’universo, modello in cui la Natura è essa stessa la propria legge.
Quello dell’origine del cosmo (e cioè dell’esistenza del cosmo, cap. 2) può essere liquidato come un falso problema o almeno non d’ufficio della metafisica e non una grande domanda. La questione pone infatti l’alienazione del cosmo-esistenza dal suo principio e, in tal caso, la vera criticità del discorso risiede innanzitutto nel riuscire a concepire l’alienazione, alterità che dis-pone distanza e distinzione tra universo (esistenza) e principio (sistenza), pur mantenendone la relazione. Inoltre la verità storica che si vuole narrare, retro-dicendola, non ha i crismi della verità indiscutibile, poiché non vi è la possibilità di verifica (testimonianza diretta del passato).
Il motto anti-lamentazione postmoderna (e un po’ romantica), la quale canta la fine della storia e delle narrazioni, dà brio alla riflessione di Hawking, cap. 10. Siamo solo all’inizio della storia, l’avventura umana sia illimitata. Il senso che normava l’esistenza (o l’avrebbe normata, secondo le narrazioni che del passato vengono proposte e rimangono tali, quali presenti che interpretano i non presenti) si costituiva escludendo molta parte di quella. Sulla quale ora il senso si è, più coerentemente, appiattito. Che sia l’era della tecno-scienza approssimazione più appagante, per quanto mai esaustiva, dell’infinito?
Siamo, forse, agli albori della civiltà della tecnica, che sorpassa i limiti auto-imposti dell’uomo. La presunta fine della storia umana è gravida dell’inizio della storia transumana. Allah Al-Jabbār!
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@PHOTO by JOHNNY PARADISE SWAGGER, 2020